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Good banks, oggi il via libera a Ubi

Stamattina, con la riunione del direttorio della Banca d’Italia che dovrebbe approvare l’offerta (da un euro) di Ubi avanzata la settimana scorsa, dovrebbe chiudersi il lungo periodo d’incertezza che ha visto protagoniste Banca Marche, Popolare Etruria e CariChieti. Certo, chi per prima aveva perso il suo status di banca “normale” era stata CariFerrara, che a questo punto sarà anche l’ultima a ritrovarlo, quando Bper – non prima della settimana prossima – si farà avanti con un’offerta vincolante.

Intanto, però, si può stimare quanto sia costato alle tre banche il periodo di «congelamento», comprensivo del commissariamento e poi della nuova vita – dopo il salvataggio di novembre 2015 – da good banks. Non è un conto da poco: secondo le elaborazioni de Il Sole sui dati ufficiali, emerge ad esempio che Banca Marche – commissariata dall’estate 2013 – in quattro anni ha perso il 26,4% della raccolta diretta da clientela, cioè oltre 4 dei 15,7 miliardi che vantava al 31 dicembre 2012, quando venne approvato l’ultimo bilancio; sono crollati gli impieghi (-38,9%) grazie anche alle cessioni alla Rev, la bad bank “di gruppo”, mentre i dipendenti si sono ridotti dell’11,16%: non a caso, al 31 dicembre 2015 il cost/income era pari all’89,1%. Ad Arezzo, in Popolare Etruria, i commissari erano arrivati nel febbraio 2015, ma nonostante un anno in meno di congelamento il conto è altrettanto pesante: il 41% della raccolta persa, lo stock impieghi dimezzato, appena otto filiali chiuse. Certo, i commissari – senza la leva del capitale – avevano le mani legate per le operazioni straordinarie, e la parentesi da good banks è stata transitoria per definizione, ma questi numeri la dicono lunga su quanto il tempo, in questa fase storica strutturalmente ostica per il settore del credito, giochi quasi sempre a sfavore, deteriorando inesorabilmente gli asset bancari.Una lezione da tenere a mente quando si valuterà altre partite a rischio-congelamento, da Mps alle ex popolari venete.

Tornando alle good banks, «la definizione della vendita rende necessario per il Fondo nazionale di risoluzione sostenere ulteriori oneri per 1,5 miliardi», ha detto ieri il capo del dipartimento vigilanza della Banca d’Italia, Carmelo Barbagallo, in audizione sul decreto salva risparmio. Ma non è detto che bastino: da coprire, infatti, ci sarà ancora la ricapitalizzazione da 350 milioni richiesta da Ubi, una voce aggiuntiva che però potrà essere compensata da eventuali plusvalenze ottenute dalla Rev sugli Npl.


Autore: Marco Ferrando
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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