Fintech

Rischi e opportunità della rivoluzione Fintech secondo la Consob: Credit Village intervista il Vice Direttore Giuseppe D’Agostino

In vista del Credit Village Day 2016, che si terrà a Milano il 16 novembre presso il Crowne Plaza, Credit Village ha chiesto al Vice Direttore Generale Consob Giuseppe D’Agostino quali sono i rischi e le opportunità legati alle nuove forme di finanza Fintech.

“La rivoluzione Fintech – intesa come nuovo approccio tecnologico ai servizi d’intermediazione finanziaria – è un fenomeno di portata globale. Essa avrà un impatto non omogeneo sui differenti processi (e sotto-processi) dell’industria dei servizi finanziari, in relazione ai diversi fattori che ne assicurano il funzionamento e la diffusione (ad esempio il livello dei costi di produzione e/o dei prezzi-ricavo dei servizi prestati, l’efficacia/velocità di esecuzione, la riproducibilità e la sicurezza della tecnologia sottostante). Si tratta di fattori che possono aumentare o ridurre gli incentivi all’innovazione per i soggetti esterni al perimetro legale dell’intermediazione finanziaria riconosciuta dalle singole giurisdizioni e, in parallelo, aumentare o ridurre la necessità di porre in essere azioni di cambiamento da parte dei c.d. incumbent ossia degli intermediari abilitati per fronteggiare la concorrenza esterna. La digitalizzazione dei servizi finanziari, nelle diverse forme e nei tempi in cui si materializzerà, cambierà in profondità i rapporti tra intermediari e “fornitori di servizi intermedi” nel processo produttivo dell’industria finanziaria. Un impatto rilevante si avrà anche nella relazione tra intermediari e clienti al dettaglio, data la natura “remota” (ossia a distanza, senza quindi vincoli geografici e temporali) di questa relazione per mezzo dell’uso di strumenti di comunicazione digitali (PC, tablet, smartphone). La domanda che la Consob si sta ponendo è in che modo e secondo quali tempistiche questo fenomeno di mutazione internazionale e inter-settoriale avverrà nell’ambito di riferimento dell’autorità di vigilanza, che è quello dei servizi finanziari di investimento del risparmio. Ci troviamo in un momento molto delicato per il settore della finanza e quello che dobbiamo fare è seguire da vicino le dinamiche di mercato, partecipare al dibattito nei forum internazionali, interrogarci sugli innesti da altri campi e settori, per capire quali siano i punti di forza e quelli di debolezza del Fintech. Da una parte ci saranno sicuramente nuove opportunità (nuovi servizi a costi inferiori e con tempi di esecuzione molto più rapidi), ma dall’altra parte bisogna capire quali siano i rischi di sistema indotti dal diffondersi di forme di decentralizzazione finanziaria, presumibilmente accompagnate da spinte alla disintermediazione (data l’attesa scomponibilità dei processi finanziari per via della tecnologia e l’apparire di soggetti esterni al perimetro legale dei soggetti autorizzati, banche in primis). Si porranno problematiche sul diritto da applicare, data l’incertezza sulle mosse del cliente (soggetto attivo o soggetto sollecitato?), e sui metodi di controllo delle microstrutture logiche e tecnologiche applicate alla finanza, prime fra tutte quelle sottostanti ai sistemi di “mediazione” informativo-finanziaria basate sull’utilizzo estensivo di informazioni granulari di entità private. L’analisi dello scenario che intravediamo va fatto senza preconcetti e pregiudizi, cercando di comprenderne le conseguenze per il sistema finanziario nel suo complesso, soprattutto in termini di protezione dei consumatori e di integrità del mercato. Pensiamo ad esempio all’utente medio nei mercati dei servizi di investimento: da una parte si riducono i prezzi e si ampliano le possibilità di accesso ai servizi, ma dall’altra il grande gap di alfabetizzazione digitale crea una situazione paradossale, in quanto intere fasce di popolazione sopporterebbero un costo più elevato per usufruire di servizi finanziari forniti secondo modalità tradizionali.

Quali azioni sta mettendo in campo la Consob?

La Consob insieme ad alcune delle principali Università italiane, e con il supporto di alcune delle principali Associazioni dei Consumatori appartenenti al CNCU, sta mettendo a punto un progetto di ricerca applicata in tema di “Digitalizzazione e processi d’intermediazione finanziaria”, articolato in  gruppi di lavoro che analizzeranno aspetti specifici di particolare interesse. Un primo progetto riguarda il c.d. Robo Advice, ovvero la consulenza automatizzata prestata senza interventi di un consulente, nella sua versione pura, grazie all’utilizzo di apposite interfaccia su web che operano su algoritmi di elaborazione di dati e informazioni tratte dal cliente stesso. E’ importante conoscere come gli intermediari finanziari abilitati ai servizi di investimento si apriranno a queste nuove applicazioni. Sul Robo Advice sono state già pubblicate linee-guida da parte di Organismi pubblici internazionali, quali lo IOSCO nel 2014 e il Joint Committee delle autorità europee di vigilanza nel 2015. C’è poi il rischio di abusivismo nel momento in cui anche soggetti non autorizzati si mettono a fornire questi servizi. E’ chiaro che andranno prese tutte le accortezze previste per i servizi a distanza.

Un secondo progetto riguarda l’applicabilità della cosiddetta block-chain ai mercati degli strumenti finanziari. Qui la collaborazione con le Università ci aiuterà a comprendere meglio i vantaggi attesi in termini di costi e tempi dell’introduzione della block-chain  nonché i  rischi potenziali collegati al fatto che molte delle nostre conoscenze tradizionali, se non addirittura certezze, in ambito economico e giuridico andranno attualizzate e forse ripensate.

Un terzo progetto in cantiere riguarda le interrelazioni di business tra fintech e mondo tradizionale dell’intermediazione finanziaria. Pensiamo al probabile scenario in cui il mercato del credito diventi un terreno di competizione tra banche e nuovi soggetti provenienti dal fintech: per esempio, come dovremmo valutare lo sviluppo di attività di profilatura MiFID del cliente effettuato sistematicamente attraverso l’uso di sofisticati software pensati e realizzarti all’esterno del sistema bancario? Se la profilatura del cliente è il cuore della corretta prestazione di un servizio d’investimento, come considerare l’emergere e l’affermarsi di provider specializzati nella costruzione di cluster di clienti che orientano non solo il disegno dei prodotti finanziari, ma anche la loro distribuzione? Quale saranno i rapporti di forza tra gli operatori tradizionali e le nuove piattaforme di mercato? Un punto cruciale a tal riguardo è sollevato dalle cosiddette piattaforme digitali di peer-to-peer lending: nel momento in cui le operazioni finanziarie su tali piattaforme sono tutte dematerializzate, non sembrerebbero sussistere differenze operative tra la concessione di un finanziamento tradizionale (pur disciplinato da apposito contratto) e un finanziamento tramite sottoscrizione di titoli di debito (disciplinato da specifico regolamento). Inoltre le piattaforme sono accessibili a tutti i paesi quindi si pone anche una questione di quale diritto applicare, come nel caso di Airbnb. Bisogna ancora stabilire se si tratta di “semplici” piattaforme tecnologiche o di prestatori di servizi, con la differenza che nel settore finanziario c’è anche un rilevante problema di “privacy”. L’analisi dei diversi profili economico-giuridici interessati da un nuovo modo di “fare finanza” è fondamentale per capire come agire in futuro e per quale “mondo economico”. Un’attività, questa, difficile, ma socialmente utile.

 

Press Officer Credit Village Magazine, Antonella è specializzata su temi relativi alla debt collection, alla pubblica amministrazione ed al credit management