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Bcc, rush finale per il gruppo unitario

I negoziati per dare vita un gruppo unico del credito cooperativo sono andati avanti fino a inizio agosto. Il sistema delle Bcc che fa capo a Iccrea, e quello trentino che fa riferimento a Cassa centrale banca, hanno nominato all’inizio dell’estate un comitato per la fusione composto da esponenti dei due “mondi” ma, nonostante il fatto che a giugno si fossero dati un mese di tempo per vagliare la fattibilità di un unico gruppo, ancora non si è giunti a una decisione. Lo scenario ad oggi, quando la pausa estiva ha di fatto temporaneamente sospeso i negoziati, è ancora aperto e non prevale alcuna ipotesi. Né che si dia finalmente vita a un unico gruppo, né, come consentito dalla legge di riforma, che le Bcc trentine vadano per la loro strada costituendo un gruppo autonomo.

All’interno del sistema trentino ci sono forti resistenze, legate anche alle istituzioni locali, perché la preoccupazione resta quella di perdere un’autonomia che in un sistema molto legato al territorio è un fattore cruciale.

I negoziati di questi mesi hanno portato a individuare alcuni punti fermi, soprattutto per quanto riguarda la governance della nuova capogruppo desinata a sorgere dal conglomerato nato a luglio dall’incorporazione di Iccrea holding in Iccrea banca. Se si procede sulla strada del gruppo unico, la banca di secondo livello del sistema trentino, Cassa centrale banca, passerà sotto il controllo del conglomerato di Iccrea. In cambio di questa cessione di attività, le Bcc trentine otterrebbero una quota del capitale della nuova capogruppo (quando, allo stato attuale, sono rappresentate solo le Bcc già azioniste di Iccrea holding), una rappresentanza nel consiglio di amministrazione e nel management.

Anche la scelta di portare la sede del nuovo gruppo a Milano non sarebbe più un vero ostacolo. La prospettiva di dare vita a due gruppi, che tra l’altro si faranno concorrenza tra di loro, a fronte di una vigilanza europea che è tutt’altro che ben disposta verso i modelli bancari cooperativi (non solo quello nascente italiano, ma anche quelli già preesistenti in Europa, come il Crédit Agricole o il Crédit Mutuel), rischia di far inasprire ulteriormente le regole prudenziali riducendo l’autonomia delle Bcc. Le disposizioni attuative della riforma pubblicate a metà luglio della Banca d’Italia sono un chiaro segnale di questo rischio: nella versione attuale, i poteri riconosciuti alla capogruppo sono molto ampi e dettagliati (in tema di nomine, di gestione dei rischi, di politiche del credito e di aggregazioni) e tali quasi da appiattire le Bcc a semplici filiali commerciali. Il sistema sta preparando le controdeduzioni al documento di consultazione di Bankitalia e c’è da scommettere che il confronto per arrivare a un punto di equilibrio sarà molto duro.

Le ragioni perché alla fine possa prevalere la scelta unitaria, dunque, ci sono. Al momento i due sistemi si sono organizzati per lasciare aperte entrambe le prospettive, per farsi trovare pronti comunque a creare gruppi unici separati se non si trovasse l’accordo. I tempi ormai sono stretti: entro fine settembre dovrà essere fatta una scelta definitiva. Le disposizioni di Banca d’Italia, nella versione finale, entreranno in vigore probabilmente entro inizio ottobre. E per quel periodo è atteso anche il decreto del ministero dell’Economia che dovrà definire il numero minimo di Bcc che dovranno costituire un gruppo cooperativo.

Nel frattempo è diventato operativo anche il Fondo obbligatorio temporaneo che la legge di riforma ha concesso al sistema per agevolare le fusioni problematiche in attesa che entri in funzione il nuovo gruppo. Va precisato che le aggregazioni tra le Bcc stanno andando avanti in questi mesi a ritmo sostenuto: da gennaio a fine luglio le banche sono scese da 366 a 337 ed entro fine anno il numero scenderà ancora, vicino a 300. Detto questo, ci sono alcuni casi in cui è necessario un intervento per fare in modo che la banca acquirente non sia eccessivamente appesantita dall’acquisizione.

Il Fondo è entrato in funzione da fine giugno, presidente è Rainer Masera, e sono già stati fissati i criteri di intervento, che si limitano solo a casi eccezionali. Il compito, appunto, è quello di agevolare i processi di aggregazione intervenendo sul capitale o sull’acquisto di sofferenze facendo in modo che, a 12 mesi dall’operazione, la banca acquirente non si trovi in condizioni peggiori rispetto alla situazione antecedente l’integrazione. Il Fondo sta già esaminando due o tre operazioni: i processi autorizzativi sono lunghi, ma è probabile che i primi interventi siano decisi entro l’autunno e che il primo contributo sia chiesto alle Bcc tra novembre e dicembre.


Autore: Laura Serafini
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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