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Npl, arriva il timer per i tribunali

Con le nuove norme sarà stabilito un termine massimo a disposizione per chiudere le procedure. L’obiettivo è ridurre a tre anni i tempi di recupero crediti.

Niente più lumache e gazzelle. Secondo quanto risulta a MF,nel decreto che il governo sta mettendo a punto per ridurre i tempi del recupero crediti saranno inserite anche una serie di misure per far si’ che i tribunali garantiscano tempi più celeri e uniformi su tutto il territorio nazionale nel trattamento delle procedure fallimentari.

In soldoni i collegi dovrebbero avere un tempo massimo per chiudere le pratiche, con l’obiettivo, anche grazie alle norme che saranno contenute nel provvedimento in arrivo la prossima settimana, di ridurre l’attesa per rientrare dei crediti degli attuali sette-otto anni fino a circa tre anni.

Oggi i tempi di recupero sono davvero molto variabili e vanno dai due anni e mezzo delle corti più efficienti ai 12 anni per quelle più lente ed il tema è molto sentito dal mondo del credito, che comunque non sarebbe l’unico beneficiario del provvedimento.

Solo mercoledi’ scorso il presidente delle quattro banche nate dalla risoluzione di Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e Carife, Roberto Nicastro, in un’audizione al Senato ha sottolineato proprio il pese che le grandi disparità territoriali in termini di durata delle procedure hanno sul valore degli npl.

Per manager servirebbe quantomeno un’operazione di trasparenza sui tempi di ciascun tribunale e le banche dovrebbero poter applicare tassi diversi a seconda del luogo in cui il credito viene concesso.

Insomma se davvero con il decreto in arrivo si riuscisse a raggiungere l’obiettivo di una velocizzazione e standardizzazione dei tempi a livello nazionale una buona parte del lavoro per far aumentare il valore dei crediti in sofferenza potrebbe considerarsi fatto.

L’incognita però sta nel come saranno scritte le misure, visto che pare improbabile che questa sorta di timer per i tribunali venga innescato in maniera esplicita nel decreto in gestazione.

Bisognerà quindi aspettare di leggere il testo per capire se i paletti pensati dal governo saranno davvero efficaci per raggiungere lo scopo prefissato. Inoltre va ricordato che l’ipotesi iniziale allo studio del Ministero dell’Economia  era quello di creare una sorta di tribunali per npl, sulla falsariga dei tribunali per le imprese e, a tal fine, era stata avviata un’indagine sui tempi impiegati dai singoli tribunali per chiudere una pratica.

Quel lavoro di raccolta dati si sarebbe appena concluso ma al momento l’ipotesi di creare delle sezioni dedicate allo smaltimento delle pratiche di fallimento sembra difficilmente realizzabile. Ecco quindi la scelta di inserire nel decreto sul recupero crediti almeno meccanismi per garantire chiarezza sui tempi massimi a disposizione dei giudici e ovviamente renderli più in linea con le medie europee. Un’altra strada praticabile per sveltire l’iter sarebbe poi quelle di prevedere accordi stragiudiziali, con la possibilità per i creditori di avanzare proposte in questo senso e solo in un secondo momento magari passare per una sorta di certificazione da parte del tribunale.

Non solo, come si era pensato di fare già lo scorso gennaio, dovrebbero essere anticipate alcune delle misure contenute nella proposta organica di riforma della legge fallimentare messa a punto per il ministero della Giustizia dalla commissione guidata da Renato Rordorf. In quell’occasione il travaso era stato bloccato, secondo indiscrezioni, dall’ostilità del dicastero della Giustizia allo smembramento del progetto complessivo di riforma,  ma ormai l’esecutivo sarebbe deciso a mettere a disposizione tutto l’arsenale possibile per liberare le banche dai crediti in sofferenza anche perché il provvedimento accompagnerà il lancio di Atlante, il veicolo privato pensato proprio per aiutare lo smaltimento degli npl oltre a fare da rete di sicurezza agli istituti alla prese con aumenti di capitale.

Tra le norme che dovrebbero trovare posto nel decreto alla scrittura del Ministero dell’Economia potrebbe rientrate, per esempio, una modifica del cosiddetto spossessamento dei beni di garanzia per permettere al creditore di entrare più rapidamente in possesso degli asset in questione e di poterli poi vendere rientrando così dall’esposizione. Il tutto ovviamente con una scala di tutele diverse e crescenti per i beni personali, rispetto a quelli d’impresa.


Autore: Luisa Leone
Fonte:

Milano Finanza

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