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Bce, nessuna azione in arrivo sulle sofferenze delle banche italiane

La Bce non prevede di avviare alcuna azione nei confronti delle banche italiane nel prossimo futuro. Lo ha detto ieri Danièle Nouy, presidente del Consiglio di vigilanza Bce, in un’audizione della commissione economica del Parlamento europeo presieduta da Roberto Gualtieri. «La Bce ha fatto quello che doveva fare un anno fa e non ha alcuna intenzione di forzare i tempi in nessun modo», ha spiegato Gualtieri dopo l’audizione con Nouy. La banca centrale «è pienamente consapevole che affrontare il tema dei non performing loan richiede tempo. Non sono previste azioni di alcun tipo nel prossimo futuro su questo tema». Le parole espresse con estrema chiarezza da Gualtieri, sulla base dell’intervento di Nouy, chiudono la porta una volta per tutte a speculazioni su presunte strette da parte della Bce sugli accantonamenti.

I timori si erano diffusi dopo la richiesta di informazioni da parte di un gruppo di lavoro della Bce (non del Consiglio di vigilanza) che ha chiesto dati qualitativi (non quantitativi) sulle procedure di gestione dei crediti deteriorati. «Nouy ha detto in modo forte e chiaro che il questionario della Bce è un non evento, una non notizia, e non c’è alcuna ragione per alimentare rumor sulla base di esso», ha precisato Gualtieri. «Le indiscrezioni sono totalmente infondate. La reazione dei mercati è del tutto ingiustificata perché basata su un non evento». Il rischio di credito è da sempre motivo di attenzione a Francoforte, che ovviamente continuerà la supervisione attraverso strumenti ordinari, ma Nouy ha chiarito che nel prossimo futuro non ci sarà alcuna accelerazione specifica sulle banche italiane, come alcuni hanno creduto finora sul mercato. Non si può escludere che oggi anche il presidente Bce Mario Draghi dia indicazioni ulteriori sulla materia nella conferenza stampa dopo il Consiglio direttivo.

Le dichiarazioni di Gualtieri e Nouy sono arrivate ieri a mercati chiusi, dopo una giornata ancora difficile per i titoli bancari italiani. Ieri i cali hanno riguardato tutti i listini europei. In uno scenario caratterizzato da timori a livello globale, le banche italiane hanno registrato nuove flessioni: l’indice di settore ha perso il 7%, più della media del listino. Per il terzo giorno consecutivo l’attenzione degli operatori è stata alta sugli istituti, sebbene negli ultimi giorni non ci siano state novità sul loro stato di salute e gli indici di solidità siano oltre le richieste Srep formulate dalla Bce soltanto poche settimane fa. Anche Ewald Nowotny, membro del Consiglio direttivo Bce e banchiere centrale austriaco, ha sottolineato in mattinata che «non c’è nessun caso Italia» e al contrario «c’è un miglioramento della situazione generale». Ma le vendite sono andate avanti. Nelle ultime tre sedute Mps ha perso il 43%, Carige il 32%, Banco Popolare il 22%, Ubi, Unicredit e Bper il 15%, Intesa il 9%.

Assieme al timore (ora definitivamente dissipato) di nuovi interventi della Bce, gli operatori hanno continuato a focalizzarsi ieri sul freno Ue a soluzioni straordinarie sul credito deteriorato delle banche. Le discussioni intense tra Roma e Bruxelles hanno avuto un effetto negativo sui mercati nelle ultimi sedute. Ma ieri Jean-Claude Juncker ha smorzato i toni e ha evidenziato i «buoni rapporti» con l’Italia. Una decisione sul tema bad bank potrebbe arrivare in tempi brevi, togliendo così anche questo motivo di incertezza ai mercati.

La volatilità dei titoli bancari è stato del resto uno dei principali argomenti affrontati ieri durante l’incontro tra il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il direttore generale Salvatore Rossi. Fonti di Palazzo Chigi hanno fatto sapere che «le recenti turbolenze finanziarie sono seguite dalle autorità competenti con grande collaborazione, sintonia e attenzione, nella consapevolezza della complessità della situazione». C’è accordo tra le autorità sulle linee future d’azione sul settore, a cominciare dalla necessità di proseguire il cammino delle riforme, come quelle sulle banche popolari, le Bcc e le Fondazioni. Inoltre si pensa a nuove misure per snellire ulteriormente le procedure concorsuali e ridurre i tempi di recupero dei crediti, sulla scia dei provvedimenti già varati nei mesi scorsi. Ma nel breve termine soprattutto il governo vuole chiudere la partita con l’Unione Europea su una formula leggera di «bad bank» per le banche.

Una richiesta in tal senso è arrivata ieri dal presidente Abi, Antonio Patuelli: «Speriamo che si arrivi presto a una conclusione, auspicabilmente positiva, ma comunque una conclusione. Meglio poco che niente, l’importante è concludere». Anche Luigi Abete, presidente di Bnl, ha sottolineato che la discussione sulla materia «sta avendo un valore eccessivo e si ribalta in un messaggio negativo sulla struttura delle banche». Abete ha ricordato che il tema della bad bank «non viene portato avanti per mettere in sicurezza le banche, che sono già in sicurezza, ma per l’economia in generale perché aumenta il credito». Carlo Messina, ceo di Intesa, ha evidenziato che «in Italia non esiste un problema significativo di rischio collegato con le sofferenze: se confrontiamo il sistema bancario italiano con i sistemi francese e tedesco, al netto degli accantonamenti e dei valori a garanzia, la nostra posizione relativa è addirittura migliore». Anche la Bce ha ora chiarito che non c’è alcuna emergenza in Italia.


Autore: Francesco Ninfole
Fonte:

Milano Finanza

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