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Mediobanca, Ubi la meglio posizionata in caso di vendita dei crediti deteriorati

Ubi Banca è il primo esempio di una nuova specie. Così Mediobanca Securities intitola una nota di oggi sull’istituto popolare, dopo che l’assemblea ha approvato la trasformazione in spa, in cui ribadisce il rating positivo outperform ma taglia il target price da 8,70 a 8 euro per la pressione sui margini del credito.

Includendo il massimo impatto stimato dal diritto di recesso, gli analisti vedono il Common Equity Tier 1 di Ubi a livelli confortevoli in bilico oltre il 12% quest’anno e il prossimo. Se la banca dovesse razionalizzare la sua struttura, il Cet 1 ritornerebbe al 12,5%. Inoltre, la razionalizzazione dei costi e le procedure di pignoramenti più brevi potrebbero aggiungere circa 2pp di rote (ritorno sul capitale tangibile) nel periodo 2016-2018, portandolo all’8%/9% nel 2017-2018.

Al contempo, un peso relativamente elevato dei non performimg loans sotto l’approccio standardizzato e la presenza di 0,8 miliardi di euro di deficit di capitale potrebbero facilitare il deconsolidamento delle sofferenze, se dovesse accelerare la cessione dei crediti deteriorati in Italia. “Riteniamo un multiplo di 0,7 volte il patrimonio netto tangibile una valutazione interessante alla luce di tutti gli aspetti positivi citati sopra e rivediamo al ribasso in media del 9% le nostre stime di eps 2015-2018 a causa del più basso margine di interesse previsto”, precisano gli analisti di Mediobanca.

Il diritto di recesso è garantito a tutti gli azionisti che hanno votato contro o non hanno votato la trasformazione in società per azioni. Il prezzo da pagare per ogni azione Ubi oggetto del recesso è stato fissato a 7,288 euro. Il rimborso delle azioni oggetto del recesso è comunque limitato. Ubi ha infatti impostato tale limite come differenza tra il Cet1 fully loaded e la media del rapporto Srep più 150bps di buffer e il Cet1 medio delle banche Ue sotto il meccanismo unico di supervisione bancaria (SSM).

A giugno una tale metodologia avrebbe comportato un impatto massimo di 60bps sul Cet1 ratio. Ora, supponendo un ratio Srep stabile e una media di Cet1 delle banche Ue del 12,6%, il Cet1 2015 fully loaded di Ubi Banca al 12,6% subirebbe un impatto massimo di 85bps di asset ponderati per il rischio. Quindi, ipotizzando un impatto di 85bps dal diritto di recesso, il Cet1 fully loaded dell’istituto resterebbe ancorato all’11,9%, circa 90bps di capitale in eccesso, al top di quanto richiesto, includendo 150bps di buffer per assorbire gli shock esterni e finanziare la crescita degli asset ponderati per il rischio. “Se la Bce dovesse imporre una maggior ratio Srep, l’impatto sul surplus di capitale sarebbe attenuato da un minor impatto del diritto di recesso”, precisano gli esperti della banca d’affari.

La trasformazione in spa dovrebbe poi facilitare la razionalizzazione del gruppo. Nonostante la riorganizzazione delle joint venture nella bancassicurazione e l’acquisto delle minorities delle società controllate, per gli analisti di Mediobanca la struttura di Ubi potrebbe essere migliorata ulteriormente, viste le quote di minoranza in Bpci (16%), nella Banca Regionale Europea (25%) e nella Banca di Valle Camonica (17%).

“Stimiamo che circa 0,3 miliardi di euro di capitale di minoranza non possa essere calcolato come Cet1, in quanto gli elevati Tier 1 ratio di queste controllate determinano una detrazione del capitale in eccesso delle minoranze. Quindi, l’acquisto di queste quote di minoranza, non in contanti, consentirebbe a Ubi di contabilizzare il surplus di capitale delle minoranze attualmente dedotto dal capitale, aggiungendo 40bps di Cet1”, ipotizzano gli esperti.

Le quote delle minoranze rappresentato in media il 10% dei profitti di Ubi dal 2004. “Il modello federale adottato da Ubi non è efficiente dal punto di vista dell’Iva infragruppo, gonfiando i costi e le tasse”, osservano ancora gli analisti della banca d’affari. Senza contare che un’accelerazione delle procedure di recupero dei crediti potrebbe aggiungere un 7% all’utile di Ubi dal 2019. Ad agosto, l’Italia ha approvato una legge volta ad accelerare le procedure di recupero dei crediti e dei pignoramenti. Un prestito è contabilizzato nel bilancio delle banche al suo valore presumibile di realizzo.

Le variabili nella stima del valore di realizzo sono il valore recuperabile (compreso il valore dei collaterali), il tasso di sconto e il tempo di recupero. Così, un accorciamento del tempo di recupero dovrebbe tradursi in un net present value più elevato del credito. Questo, sempre secondo l’analisi di Mediobanca si tradurrebbe in un +7% degli utili nel 2019, accorciando i tempi di recupero di un anno.

E Ubi Banca è la meglio posizionata tra i competitor, utilizzando i modelli IRB, in caso di un’accelerazione delle vendite di non performimg loans in Italia. Gli esperti calcolano che i che crediti deteriorati netti rappresentino circa il 130% del Cet1 fully loaded di Ubi. Nonostante la banca sia allineata alla media domestica, si tratta di un livello che non può essere considerato soddisfacente. Ma se il processo di vendita dei crediti deteriorati dovesse accelerare in Italia, Ubi sarebbe la meglio posizionata data la relativamente alta incidenza delle sofferenze sotto il metodo standardizzato (circa il 30%) e gli 0,8 miliardi di euro di deficit che impatta sul Cet1.


Autore: Francesca Gerosa
Fonte:

Milano Finanza

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