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Rinasce il mercato dei crediti deteriorati

Il mercato italiano dei crediti non performanti mostra (confortanti) segni di vitalità. Tanto che le cessioni di portafogli, nei primi sei mesi dell’anno, hanno già doppiato in termini di valore quelle dello scorso anno: cinque i miliardi di euro di Npl passati di mano contro i 2,5 del primo semestre 2014. Nell’ultimo anno e mezzo ammonta così a quasi 12 miliardi il totale dei crediti deteriorati venduti dalle banche a fondi di investimento o altri operatori finanziari.

«E le attese sono per un’ulteriore accelerazione nei prossimi mesi», spiega Antonella Pagano, partner di PwC e tra i cui curatori della ricerca sul settore appena scattata dalla società di consulenza. Secondo le stime, «a fine 2015 potremmo arrivare senza problemi a superare la forchetta degli 8-10 miliardi» di portafogli venduti. Ma la vera impennata potrebbe registrarsi il prossimo anno: «Stimiamo che nel 2016 il volume delle cessioni di portafogli non core, tra performing e non performing, posssa agevolmente superare i 20 miliardi di euro».

La fotografia

Dopo un lungo periodo di sonnolenza, oggi il mercato sembra dunque essersi messo definitivamente in moto. Basta guardare alle principali operazioni di questi primi sei mesi e ai deal in rampa di lancio. L’ultima a uscire allo scoperto è stata nei giorni scorsi UniCredit, che ha ceduto 625 milioni di euro di Npl all’americana Pra Group. Ma nelle scorse settimane a muoversi è stata Banca Ifis che ha comprato tre portafogli di crediti deteriorati per circa 900 milioni di euro (il principale da Consum.it di Mps per circa 650 milioni). Cessioni importanti anche per Banco Popolare (210 milioni), Sofigeco (408) e Findomestic (400). Senza dimenticare quella che fino ad oggi è la principale operazione del settore, risalente a febbraio scorso, ovvero la vendita di Uccmb (2,4 miliardi) da parte di UniCredit a Fortress e Prelios. In dirittura d’arrivo anche la cessione di Archon (Goldman Sachs) e dei relativi 2 miliardi di euro circa di Npl a D.e. Shaw. «È vero che continuiamo a registrare vendite di portafogli di Npl da parte di banche, ma si prevedono anche operazioni di cessione di portafogli acquistati in passato da investitori e cartolizzati», aggiunge Pagano.

Le prospettive

Se oggi gli analisti parlano di “rinascita” del mercato degli Npl, molto lo si deve alla «profonda operazione di innalzamento delle coperture attuata dalle banche italiane in seguito all’Asset quality review della Bce». Basti pensare che nel complesso, secondo PwC, le dieci maggiori banche italiane nel 2014 hanno fatto accantonamenti per un totale di 23,7 miliardi. Un’operazione, questa, che ha progressivamente migliorato l’appeal degli Npl, e ha permesso di ridurre il divario tra domanda e offerta.

Ma l’intero scenario depone a favore della proliferazione di deal. A partire dall’atteso consolidamento nel settore delle banche popolari, che «spingerà alcuni istituti a cedere portafogli di Npl per presentarsi al meglio in caso di fusioni». Così come è realistico che «le banche sotto commissariamento di Banca d’Italia lavorino sulla vendita di crediti non performanti che ne zavorrano i conti».

Infine, va detto che un’altra spinta decisiva alla rivitalizzazione del settore può arrivare dai provvedimenti sulle sofferenze approvati a fine giugno dal Governo: tra questi, oltre al miglior trattamento della deducibilità delle perdite su crediti, ci sono le norme volte ad accelerare il processo di esecuzione nei confronti dei debitori e la chiusura dei fallimenti. Una novità interessante è quella che ha introdotto un regime di concorrenza nella gestione del concordato preventivo. «Se prima era solo il debitore ad avere voce in capitolo, d’ora in poi anche i creditori potranno fare proposte alternative e quindi migliorative», spiega la consulente. Una novità che potrebbe interessare da vicino «operazioni di tipo corporate, con aziende in condizioni di difficoltà, con impatti positivi soprattutto per le banche».


Autore: Luca Davi
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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