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Visco ammonisce le banche

Il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, esorta le banche a contenere ancora i costi e ad ampliare le fonti di ricavo per recuperare redditività. “Per recuperare redditività le banche possono contenere ancora i costi e ampliare le fonti di ricavo. Non pochi intermediari, soprattutto di medie dimensioni, stanno valutando operazioni di concentrazione, anche in risposta alle recenti innovazioni normative”, sottolinea il numero uno di Palazzo Koch, avvertendo però, nelle sue considerazioni finali, che “i benefici potenziali delle operazioni sono cospicui ma non scontati: richiedono interventi decisi sul piano organizzativo, nella razionalizzazione dei sistemi distributivi, nella gestione dei rischi, nel ricorso alla tecnologia”.

Banca d’Italia promuove dunque la riforma delle banche popolari varata dal governo. “Faciliterà lo svolgimento efficiente dell’attività di intermediazione creditizia in un mercato reso più competitivo dall’Unione bancaria”, afferma Visco. La forma cooperativa ha, infatti, limitato il vaglio da parte degli investitori e ha ostacolato la capacità di accedere con tempestività al mercato dei capitali, in alcuni momenti cruciale per fare fronte agli shock esterni.

Ora però tocca alle banche di credito cooperativo. “Affinché possano continuare a sostenere territori e comunità locali preservando lo spirito mutualistico che le contraddistingue”, rileva Visco, “vanno perseguite forme di integrazione basate sull’appartenenza a gruppi bancari”. Secondo il governatore, infatti, la scarsa diversificazione dei rischi e la difficoltà di irrobustire il patrimonio stanno determinando, in non pochi casi, situazione di crisi.

Banca d’Italia valuterà le proposte che verranno dall’associazione di categoria “alla luce della loro capacità di rimuovere gli ostacoli alla capitalizzazione e di risolvere i problemi di questi intermediari”. Di certo, insiste l’inquilino di via Nazionale, “il cambiamento non può essere procrastinato”.

Promozione piena, invece, per il protocollo d’intesa siglato tra il ministero dell’Economia, a cui compete la vigilanza sulle fondazioni, e l’Acri. Il documento muove nella direzione auspicata da Banca d’Italia che da tempo sottolinea la necessità che le fondazioni bancarie svolgano il ruolo di azionista nel rispetto dell’autonomia gestionale delle banche partecipate e diversifichino i propri investimenti.

Secondo il numero di Palazzo Koch, in particolare, il limite di concentrazione dell’investimento in un singolo emittente tutela tanto l’interesse delle fondazioni quanto quello degli intermediari. Inoltre, viene presidiato il rispetto del divieto di controllo delle banche partecipate, anche congiunto o di fatto e viene migliorata la qualità degli organi, rafforzandone il grado di
indipendenza.

In generale, il mercato del credito e la redditività delle banche mostrano segni di miglioramento, ma il lascito della crisi resta ancora pesante sui bilanci degli istituti di credito che hanno dunque difficoltà ad allargare troppo i nuovi prestiti. Visco non manca di rilevare che le nuove erogazioni sono tornate a crescere dagli ultimi mesi del 2014: “a marzo i prestiti alle imprese erano del 2,2% più bassi di un anno prima, con una forte attenuazione della caduta che osserviamo da tre anni”.

Tuttavia, le condizioni creditizie “restano eterogenee”. In particolare, nei settori dell’economia dove le prospettive sono già migliorate i prestiti alle aziende con condizioni finanziarie equilibrate hanno ricominciato a crescere, mentre nei settori per i quali la ripresa è più lenta, come nelle costruzioni, si registra tuttora una flessione. Anche la qualità del credito e la redditività dei maggiori gruppi bancari è migliorata nel primo trimestre.

“Ma l’eredità della recessione”, afferma ancora Visco, “pesa ancora sui bilanci delle banche. Alla fine del 2014 la consistenza delle sofferenze è arrivata a sfiorare i 200 miliardi, il 10% del complesso dei crediti; gli altri prestiti deteriorati ammontavano a 150 miliardi, il 7,7% degli impieghi. Prima della crisi, nel 2008, l’incidenza delle partite deteriorate era, nel complesso, del 6%. A fronte di queste esposizioni le banche accantonano risorse cospicue; effettuano svalutazioni che assorbono larga parte del risultato operativo e limitano l’autofinanziamento. Ne deriva “un vincolo all’erogazione di nuovi prestiti”.

Quindi l’attivazione di una bad bank aiuterebbe la ripartenza del mercato del credito. Tanto che Visco auspica che la discussione sul tema in corso tra autorità italiane ed europee sia “rapida e costruttiva”. Lo sviluppo di un mercato secondario dei crediti deteriorati, oggi pressoché inesistenti contribuirebbe a riattivare appieno il finanziamento di famiglie e imprese. “Proponiamo da tempo”, ricorda Visco, “iniziative in questa direzione, anche con il concorso del settore pubblico; stiamo collaborando con il governo a disegnarle, nel rispetto della disciplina europea sugli aiuto di Stato”.

Dal governatore arriva anche l’esortazione a procedere celermente con la riforma della giustizia civile, la cui “farraginosità” pesa sull’elevata consistenza dei prestiti deteriorati che risente anche dei tempi molto lunghi e variabili delle procedure di insolvenza e recupero crediti. Secondo Visco, “queste diffuse inefficienze deprimono il valore attribuito agli attivi deteriorati dai potenziali acquirenti, ne disincentivano la cessione sul mercato”.

Lo sfavorevole trattamento fiscale delle rettifiche su crediti, sebbene attenuato, conclude il numero uno di via Nazionale, “non ne consente ancora la deducibilità immediata dal reddito imponibile, come invece avviene negli altri Paesi europei; determina l’accumulo di attività per imposte anticipate. Sono in via di definizione misure per rimuovere questi svantaggi competitivi, che indeboliscono il sistema bancario”.


Autore: Francesca Gerosa
Fonte:

Milano Finanza

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