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Bad bank nel Cdm del 20 febbraio

Il governo accelera sul progetto per un intervento di sistema che affronti il problema dei crediti deteriorati delle banche italiane. Lo esaminerà nel consiglio dei ministri del 20 febbraio come ha annunciato oggi il premier, Matteo Renzi: “sarà al consiglio dei ministri del 20 febbraio”, ha detto, uscendo dal vertice dei leader socialisti a Bruxelles.
 
Se verrà creata una bad bank di matrice pubblica il Credito Valtellinese non si tirerà indietro. L’ad dell’istituto, Miro Fiordi, oggi ha infatti dichiarato che l’eventuale creazione di una bad bank di sistema può essere di aiuto perché è uno strumento utile per alleggerire i bilanci delle banche dal peso dei crediti problematici. “Credo che sia uno strumento che possa aiutare le banche italiane ad alleggerire il peso dei crediti problematici”, ha affermato Fiordi durante la conference call di presentazione dei conti 2014.
 
L’ad ha spiegato che, a prescindere dalla creazione di una bad bank e dalla forma tecnica utilizzata, ciò che è importante è riuscire a trovare uno strumento “che permetta di togliere effettivamente dal perimetro di bilancio le posizioni oggetto di intervento”. In quest’ottica, quindi, per Fiordi è improprio parlare di bad bank: “potrebbero esserci degli interventi di cessione, di mercato e non finalizzati alla creazione e utilizzo di un contenitore. Preferisco parlare di interventi di alleggerimento dai bilanci delle banche di posizioni di crediti non performanti”.
 
In ogni caso sul tema bad bank “abbiamo grande interesse e disponibilità a parlarne e approfondire i contenuti tecnici della proposta non appena verranno alla luce”, ha concluso. Un interesse già manifestato dal Banco Popolare: “se ci fosse non mi tirerei certo indietro. Bisogna poi vedere come verrà impostata, ma per il sistema in generale, non soltanto per il Banco, la bad bank è un’opportunità”, ha detto ieri l’ad del Banco, Pier Francesco Saviotti, in conference call sui conti 2014.

Anche per l’ad della Banca popolare di Milano Giuseppe Castagna, una bad bank sarebbe utile al sistema Italia perché “libererebbe le banche da un fardello pesante”. L’altro ieri il top manager, pur precisando che a Bpm non è mai stata fatta una proposta concreta, ha sottolineato che se venisse creato un modello in cui le stesse banche possono prendere una partecipazione “chiaramente lo vedremmo con piacere”.

Mentre Bper è interessata alla creazione di una bad bank pubblica ma a certe condizioni e comunque è ancora prematuro esprimersi, mancando il progetto. “Dipende dalle condizioni, dalle garanzie ma prima di pronunciarci dobbiamo sapere di più, oggi è difficile dire qualcosa”, ha osservato ieri in merito l’ad, Alessandro Vandelli. Anche Ubi banca non ha ancora deciso se partecipare o meno alla bad bank.

“Non posso dire certamente sì, né certamente no”, ha detto oggi il consigliere delegato di Ubi, Victor Massiah, in conference call con gli analisti, “perché non ho abbastanza informazioni. Posso dire un più cauto: dipende, dipende dal meccanismo che emergerà, ma è difficile commentare perché nessuno di noi lo conosce”.

Non hanno dubbi, invece, Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno già chiarito che non intendono partecipare a una bad bank. In realtà, l’ad di Ca’ de Sass, Carlo Messina, ha puntualizzato che non intende partecipare ad alcun progetto a meno che non offra prospettive significative di recupero. Mentre Mediobanca si è detta pronta a contribuire alla realizzazione di una bad bank di matrice pubblica se verrà trovata una soluzione che funzioni dal punto di vista normativo e invogli le banche ad apportare le partite problematiche.


Autore: Francesca Gerosa
Fonte:

Milano Finanza

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