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KPI dell’efficacia dell’attività di recupero crediti

Anterpima CVM 2

 

I KPI, ossia “Key Performance Indicators”, (“indicatori di prestazione chiave”), rappresentano l’insieme degli indicatori che permettono di misurare le prestazioni di una determinata attività o processo. Devono essere strettamente legati ad obiettivi aziendali, quantificabili e misurabili e, se ben impostati, permettono di analizzare con precisione i progressi fatti verso il raggiungimento di quanto prefissato.

Nel recupero crediti sono (o quantomeno dovrebbero esserlo) assolutamente indispensabili, essendo impensabile approcciarsi a tale settore senza gli strumenti per misurarne l’efficacia.


Tradizionalmente i KPI più utilizzati sono:
a. % capitale recuperato sul totale capitale affidato;
b. % numero di pratiche movimentate su totale pratiche affidate.

Con questi dati, letti in contemporanea, per evitare distorsioni ed errate letture che si creerebbero se si guardasse ad un solo indice, è possibile avere un’idea dell’efficacia dei service e degli studi legali di cui il creditore si avvale.
Per capire meglio l’implicazione di questa affermazione basta pensare al classico esempio di scuola: poniamo 100 pratiche affidate per un totale di 198.000 € di cui 99 pratiche da 1000€ /cdu ed 1 pratica da 99.000€.
Se il service o il legale, recuperasse la sola pratica da 99.000 €, realizzerebbe una performance del 50% sul capitale, ma solo un misero 1% sulle pratiche.
Misurando con un solo indicatore si arriverebbe quindi ad una conclusione sbilanciata.
Ovviamente tali KPI devono essere rilevati su fasce di prodotto e fasi di lavorazione omogenee.
Non avrebbe senso mescolare le pere con le patate, ossia confrontare le performance di chi fa 1° battuta in phone collection con la 1° battuta domiciliare.
Ma sarebbe altresì errato confrontare le performance ottenute al sud Italia con quelle ottenute a nord. E anche all’interno delle macro aree, occorre capire la tipologia di prodotto.
Banalmente, se si misurano le performance di recupero di bollette gas insolute, un conto è recuperare sugli utenti morosi ancora attivi, altro su quelli cessati.
Ovvero, in ambito finanziario, un conto è recuperare un prestito personale di ristrutturazione di altro debito e un conto crediti finalizzati, magari all’acquisto di un’auto. O ancora, un conto è recuperare lo scoperto di conto corrente, altro la rata di un mutuo.


In ogni caso le committenti con un management più preparato, stanno molto attente ad utilizzare KPI approfonditi, oggettivi e trasparenti, spacchettizzando il risultato:


• per fascia di prodotto;
• per fascia di battuta;
• per territorio, (non solo per macro aree, ma finanche per CAP!);
• per capitale recuperato;
• per pratiche movimentate;
• per recuperi cash ovvero in PdR (piani di rientro), stralci o altro;
• per eventuali campagne attivate (rifinanziamenti, ricontrattualizzazioni nuove utenze, ecc.);
• per tipologia di morosi più o meno difficili da trattare (reperiti, irreperibili, recidivi, no start1, ecc.)


Tutti questi parametri devono poi essere condivisi in maniera trasparente con gli stessi service di cui la committente si serve. Ciò significa che su base mensile o bimestrale (ma ci sono committenti che lo fanno su base settimanale e altre, all’estremo opposto, su base annuale se va bene…) devono essere messi a disposizione di tutti i service
per far rendere loro conto a che punto della classifica si trovano.
Ciò viene fatto sia in maniera del tutto esplicita, lasciando il nome di tutti i service in gioco. Sia semi-esplicita, mettendo cioè un codice a tutti i service, tranne eventualmente il nome in chiaro del service diretto interessato.


Questo confronto trasparente è fondamentale per far rendere conto a tutti gli attori in campo a che punto sono, aiutare chi sta indietro ad attivare i giusti correttivi per risalire la classifica, ovvero escludere (in maniera trasparente ed equa) chi resta perennemente indietro e non è capace di raggiungere il benchmark.
Ma serve (o dovrebbe servire) anche per premiare ed incentivare chi sta facendo bene e batte il tempo a tutti gli altri concorrenti dietro di lui.
Ciò significa attuare una vera partnership tra cliente e fornitore fino a fondere gli interessi di entrambi verso un unico obiettivo.
Comportamenti diversi, opachi e personalistici, sono invece forieri di malumori, incomprensioni ed iniquità  che scoraggiano i manager, i service e gli avvocati più professionali ed incoraggiano invece quelli più arruffoni e maneggioni.


Detto tutto questo, occorre aggiungere che negli ultimi tempi si sta diffondendo in maniera sempre più massiccia, soprattutto tra le società finanziarie ed alcune banche, la misurazione di un KPI un po’ diverso e probabilmente ancora più raffinato di quelli descritti finora. Mi riferisco al KPI Cash Balance, ovvero KPI Efficacia Rischio Stoppato (Roll Rate to Default)

Lo stoppaggio dello scivolamento in default risponde all’esigenza, imposta dai principi di redazione del bilancio, di iscrivervi i crediti al valore di presumibile realizzo. Pertanto, l’impresa può/deve svalutare i crediti ogni volta che il valore nominale degli stessi risulta superiore a quello di effettiva esigibilità. Ma nel caso di imprese finanziarie, bancarie e leasing, quando una perdita diventa probabile, vi è l’obbligo di…

 

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Autore: Gianpaolo Luzzi
Fonte:
Redazione Credit Village

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