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Crediti bancari: 33 miliardi in meno

Lo stock di credito bancario alle imprese si è ridotto complessivamente tra il 2009 e il 2013 di circa 33 miliardi di euro, mentre era aumentato di 48,6 miliardi tra il 2005 e il 2008. A fotografare le dimensioni del credit crunch negli anni della crisi è l’indagine dell’Ufficio studi di Mediobanca sui “Dati cumulativi” delle 2.050 maggiori imprese operanti in Italia.


Il saldo tra i due periodi indica che nel decennio il debito bancario è aumentato di 15,6 miliardi, ma ha rappresentato solo il 13,4% del maggiore debito finanziario accumulatosi nelle 2.050 imprese, cresciuto di 115,8 miliardi grazie alle emissioni obbligazionarie.
Di conseguenza, il suo peso sul totale dei mezzi di terzi dell’aggregato è caduto dal 40,4% del 2004 al 30,9% del 2013. Per mantenere invariato il proprio peso, gli istituti di credito avrebbero dovuto erogare ulteriori 31,2 miliardi in aggiunta ai 15,6 miliardi affidati.

La minore incidenza delle erogazioni bancarie è stata compensata dal collocamento di prestiti obbligazionari, il cui peso è passato dal 18,3% del debito finanziario totale nel 2004 al 27,5% del 2013. Le obbligazioni hanno intercettato il 44,6% dei maggiori debiti delle 2050 società (contro il 13,4% delle banche).
La contrazione del credito bancario, secondo quanto emerge dai dati cumulati dell’Ufficio di Mediobanca, è stata particolarmente acuta sul segmento del medio-lungo termine: la quota è scesa dal 38,4% del 2004 al 26,5% del 2013 e solo il 6% del maggiore stock di finanziamento a lungo termine (circa 77 miliardi) è stato soddisfatto dalle banche, contro il 67% delle obbligazioni.


Le banche hanno invece mantenuto una presenza più rilevante nel debito finanziario a breve termine: la quota è calata dal 43,7% del 2004 al 38,7% del 2013 e il 28,4% delle maggiori consistenze a breve termine (circa 39 mld) è stata fornita dal credito bancario. Su questo segmento la quota maggioritaria dei fabbisogni delle 2.050 società è garantita da finanziamenti provenienti da società consociate che svolgono attività di raccolta per il gruppo (specialmente nel caso di casamadre straniera).
Inoltre quasi un terzo della produzione delle imprese medio-grandi italiane – il 67% secondo l’Ufficio Studi di Mediobanca – ha varcato i confini nazionali nel 2013, con una perdita del 7,8% della forza lavoro operaia nei 5 anni precedenti. Le locomotive allora erano la grande industria, Fiat in testa, e le grandi opere, a partire dalle autostrade, oggi invece si scopre che il pubblico cresce più del privato. A fronte di un calo del 2,4% del fatturato aggregato delle società che operano in Italia tra il 2008 ed il 2013, i soggetti pubblici hanno registrato crescita del 6,1%, favorita soprattutto dal fatto che le multiutility operano in settori regolati da tariffe, mentre i privati hanno registrato un calo del 4,7 per cento.


Fonte:

Il Sole 24 Ore

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