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Perdite su crediti: più facile la prova

Nei bilanci 2013, in caso di cancellazione di un credito dallo stato patrimoniale, si potrà dedurre la relativa perdita senza dover dimostrare la sussistenza dei requisiti della «certezza e precisione». Ciò a condizione che lo storno del credito sia stato posto in essere nel rispetto dei corretti principi contabili e senza intenti elusivi.


L’articolo 1, comma 160, lettera b) della legge 147/2013 (legge di Stabilità per il 2014), infatti, è andato a modificare l’articolo 101, comma 5, ultimo paragrafo del Tuir, relativo alla deducibilità delle perdite derivanti dalla cancellazione dei crediti dal bilancio per i soggetti Ias adopter, estendendo l’ambito di applicazione della norma anche alle imprese che adottano i principi contabili nazionali.


La norma così modificata stabilisce che i requisiti della certezza e della precisione, richiesti affinché una perdita su crediti possa considerarsi deducibile, si possono ritenere sussistenti «in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei principi contabili». Inoltre, ai sensi del successivo articolo 1, comma 161 della legge di Stabilità, tale disposizione, pur entrando in vigore formalmente dal 1° gennaio 2014, si applica a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2013. Pertanto, già in sede di redazione del bilancio 2013 e compilazione della relativa dichiarazione dei redditi (Unico 2014), gli operatori economici potranno tenere conto della nuova norma.

Tuttavia, non è ancora del tutto chiaro l’ambito applicativo della disposizione appena modificata. Infatti, sebbene la norma fosse già applicabile nel 2012 per i soggetti Ias e, al riguardo, fossero stati forniti dei chiarimenti con la circolare 26/E del 1° agosto 2013, la legge di Stabilità è intervenuta sul testo normativo modificandolo nella parte in cui prevedeva la deducibilità automatica della perdita sui crediti cancellati dal bilancio in dipendenza di «eventi estintivi». La nuova formulazione si limita a prevedere che la cancellazione debba avvenire «in applicazione dei principi contabili».
Tuttavia, le indicazioni contenute nella circolare 26/E possono essere rilette sulla base della nuova norma. Ci si riferisce, in particolare, alle situazioni nelle quali la perdita imputata in bilancio derivi da “atti realizzativi”, ossia da eventi i cui effetti giuridici producono il realizzo o l’estinzione del credito. Si tratta delle ipotesi di cessione del credito, della transazione con il debitore e della rinuncia al credito.


La circolare, in linea con quanto prevedeva l’articolo 101, comma 5 del Tuir prima delle modifiche, stabiliva che in tutti questi casi la relativa perdita, per potersi considerare deducibile fiscalmente, doveva essere supportata da elementi probatori volti alla dimostrazione della definitiva inesigibilità del credito.

Ancora, il documento di prassi, nel commentare le modifiche apportate per i soggetti Ias (ora valide per tutti) relative alla “cancellazione” del credito, osservava come le stesse fossero espressamente destinate a tali contribuenti e, quindi, esse non consentivano di «dare automatica rilevanza fiscale alla cancellazione dal bilancio» per le imprese che adottano i principi contabili “domestici”.


Ne dovrebbe discendere, pertanto, che, a seguito dell’estensione della presunzione di deducibilità delle perdite derivanti dalla cancellazione dei crediti dal bilancio apportata dalla legge di Stabilità, tutti i contribuenti – a prescindere dagli standard contabili adottati – non dovranno più fornire le prove della certezza e della definitività della perdita su crediti in presenza di atti realizzativi (si veda la tabella accanto) al fine di poter fruire della relativa rilevanza fiscale.
In tutti questi casi, tuttavia, la deducibilità sarà in ogni caso consentita soltanto se la cancellazione sarà stata posta in essere applicando correttamente i principi contabili nazionali o internazionali.
Allo stesso modo l’amministrazione potrà disconoscere la rilevanza fiscale della perdita in tutti quei casi in cui la cancellazione derivi da operazioni elusive, ovvero sia dimostrata la non economicità dell’atto realizzativo o il fatto che lo stesso nei fatti sia equiparabile a una liberalità.


Fonte:

Il Sole 24 Ore

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