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Credito, ecco come sarà la Bad Bank di Intesa e Unicredit

Centosessantasei miliardi di sofferenze lorde. Una montagna di soldi prestati dalle banche alle aziende e alle famiglie italiane che con grande difficoltà verranno restituiti. Tra le tante incognite che pesano sull’attesa ripresa del ciclo economico in Italia, quella dei conti da pagare non è secondaria. Se il sistema è in difficoltà, le due maggiori banche italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo, che di quei 166 miliardi rappresentano la metà (83 miliardi il parziale lordo, che si riduce a 31,4 miliardi netti al 31 marzo scorso), seguono con particolare attenzione tutta la partita delle pratiche incagliate. Al punto che stanno per mettere a punto, con la collaborazione di due importanti partner internazionali quella che impropriamente è stata battezzata come Bad Bank italiana.

In verità, il progetto in via di definizione è ben diverso dalla Bad Bank sistemica che la Spagna ha realizzato negli anni scorsi con il consistente apporto delle finanze della Comunità europea. In questo caso, l’intervento è prettamente privato, con logiche di integrazione con il mercato e non di assistenzialismo. Il progetto vede coinvolte, al momento, quattro parti.

Intesa Sanpaolo e Unicredit trasferiranno i crediti ristrutturati o in ristrutturazione che pesano sui loro bilanci a una nuova società, una newco. Al momento si tratta di finanziamenti in un numero di società che va dalla dozzina alla ventina. Società industriali e di servizi di medio-grandi dimensioni con esposizione nei confronti di entrambi i gruppi bancari per un valore facciale che varia tra l’1,5 e i 2 miliardi di euro. La lista dei gruppi in cui intervenire è all’esame degli esperti e non è ancora definitiva. Lo diverrà probabilmente verso metà settembre. Al fianco delle banche, interverranno i due partner finanziari, la casa d’investimenti Kkr (Kohlberg, Kravis, Roberts) e A&M, ovvero Alvarez & Marsal, la firm statunitense che gestì la liquidazione di Lehman Brothers. Kkr sarà la maggiore protagonista dal punto di vista finanziario, apportando circa l’80 per cento delle munizioni di cui sarà dotata la nuova società, mentre Alvarez & Marsal, con la divisione Capital, dovrebbe contribuire con circa il 20 per cento delle quote. La nuova società, che si occuperà di gestire gli asset, non ha ancora un nome, ma sarà probabilmente costituita secondo le direttive dell’articolo 107 del Tub, Testo unico bancario. Se tutto filerà liscio, la costituzione dovrebbe avvenire entro l’autunno, ma l’operatività sarà subordinata al via libera della Banca d’Italia, che potrebbe arrivare entro la fine dell’anno.

Terzo livello

All’interno della newco i rapporti di forza tra Kkr e A&M saranno rovesciati rispetto alla parte più prettamente finanziaria. Sarà in quest’ambito che si giocherà la partita dell’asset management delle società ammalorate, la partita più importante. Ma nel progetto allo studio tra Unicredit, Intesa Sanpaolo, Kkr e Alvarez & Marsal è previsto un terzo livello di intervento, che è quello dei cosiddetti servizi professionali, ovvero di Agency. Ed è questa la particolarità più caratteristica, perché se la provvista finanziaria apportata alla newco servirà per finanziare con prestiti le società oggetto di intervento, a questo terzo livello di intervento – vedi Allegato 1 – è previsto, sempre che tutti i soggetti interessati siano d’accordo, un supporto diretto nelle operation delle aziende coinvolte, al fine di massimizzare le potenzialità di risanamento ed evitare ulteriori difficoltà agli investitori.

Come ben si capisce, non è dunque una Bad Bank quella che Intesa Sanpaolo e Unicredit hanno allo studio per salvaguardare i loro asset, ma un progetto totalmente nuovo per il panorama italiano, che coinvolge grandi partner internazionali, rilevanti capitali e risorse specializzate nella gestione di una fase particolare della vita delle aziende, con l’idea di mettere a disposizione del «malato» tutti gli strumenti necessari a tornare in buona salute ma, al contempo, con una particolare attenzione ad evitare qualsiasi conflitto di interessi .

Un intervento quasi da fondo di private equity, con il capitale che servirà per essere prestato dalla newco alle società sottostanti. La newco, funzionerebbe insomma come il general partner, mentre i soci di finanza sarebbero i limited partner. Lo schema peraltro non dovrebbe essere limitato alle sole due banche ma, a livello di singola azienda, sarà verosimilmente aperto a chiunque tra i creditori bancari dell’azienda volesse partecipare, sia mettendo a disposizione il proprio credito che, ove ciò fosse parte delle necessità, mettendo a disposizione con risorse proprie, la tanto sospirata «nuova finanza ». Un progetto ambizioso ed innovativo che non vuole mettere Unicredit e Intesa Sanpaolo in contrapposizione con gli altri creditori ma rendere la partecipazione aperta a tutti coloro che, al momento iniziale, intendano aderire privilegiando quegli interventi che molte delle aziende coinvolte necessitano da tempo. Una via d’uscita comune per imprese e banche, in attesa della ripresa.


Autore: Stefano Righi
Fonte:

Il Corriere della Sera

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