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Da Soros a Blackstone :tutti pazzi per il mattone di Stato

La gara che si sta scatenando sul portafoglio da 800 milioni di euro messo sul mercato da Fip (Fondo immobili pubblici), in tutto 21 immobili destinati a uso uffici e in parte ad accademie della Guardia di Finanza, riaccende i riflettori sul real estate tricolore. Tutti gli asset in questione fanno parte del primo fondo immobiliare promosso nel 2004 dallo Stato, che vi ha inserito 394 immobili sul territorio italiano per un valore di portafoglio di 3,9 miliardi di euro (3,3 miliardi con lo sconto del 10% applicato in fase di apporto).

Quindi immobili pubblici, sui quali in passato si ricordano vendite difficili, aste andate deserte (soprattutto per le caserme) e ancora oggi in alcuni casi difficili collocamenti, come nel caso delle operazioni del Demanio, che ha poi cambiato rotta dirigendosi verso la valorizzazione. Anche se proprio qualche settimana fa Stefano Scalera, direttore del Demanio, è stato invitato nel Qatar per spiegare cosa offre lo Stato italiano.

Tornando a Fip, l’ipotesi iniziale dell’advisor Cbre che intendeva vendere almeno parte di quel portafoglio, circa 250-300 milioni di euro, è stata presto superata.

Oggi a cercare di mettere le mani sulla totalità degli asset sono Blackstone, Cerberus ma anche George Soros (che peraltro il 4 marzo scorso ha acquistato il 5% della quotata italiana Igd). Perché tanto interesse? Cosa spinge i grandi fondi opportunistici, i più attivi oggi sul mattone italiano, a prendere in considerazione questi asset?

Dopo Irlanda e Spagna, che come Paesi distressed hanno catalizzato gli investimenti dei grandi capitali internazionali, è arrivato il turno dell’Italia. Si tratta di capitali che fino a ieri cercavano investimenti opportunistici, perché gli investitori a caccia di opportunità “core”, da mettere a reddito a lungo termine, si dirigevano ancora verso Londra e la Germania.

In Spagna, per esempio, la corsa all’acquisto di uffici e strutture retail potrebbe far lievitare i prezzi, dal punto più basso raggiunto dopo lo scoppio della bolla immobiliare (circa -50% rispetto ai picchi), con un inasprimento del pericolo di una nuova bolla. Come ha fatto notare Gerald Hines, fondatore del colosso immobiliare Usa, proprio su Madrid e Barcellona. In Italia non c’è stato un crollo verticale dei prezzi, che comunque hanno perso un buon 30% dai picchi, ma uno slow down che ormai dura da sette anni. E questo è il momento per venire nel nostro Paese a fare incetta di asset, anche trophy, a sconto. Cercando rendimenti spesso a due cifre, considerando anche la rivalutazione dalla plusvalenza di un’eventuale successiva vendita.

«Ma adesso sta cambiando il profilo di investimento» dice un advisor attivo sul mercato. Anche un investimento come quello relativo al portafoglio Fip diventa interessante: il profilo di cassa stabile risponde all’attuale esigenza “looking for yield”. I 21 asset del portafoglio Fip sono tutti affittati all’agenzia del Demanio e i contratti di locazione, che prevedono speciali garanzie, hanno una scadenza nel dicembre 2022; generano flussi di cassa lordi annuali di oltre 63 milioni di euro. Gli immobili sono distribuiti su tutto il territorio e ad occuparli sono uffici della Pubblica Amministrazione (agenzia delle Entrate, agenzia delle Dogane, Inail, Inps, ministero dei Trasporti, ministero del Lavoro) e di accademie della Guardia di Finanza. Alcuni per location e pregio offrono buone potenzialità di riposizionamento. Ed è questo in genere l’obiettivo dei fondi opportunistici: ricollocare sul mercato gli asset una volta riconvertiti con una buona plusvalenza.

A competere sul nostro territorio sono i grandi fondi opportunistici americani, da Blackstone che tra sede del Corriere della Sera in via Solferino, shopping center, centri logistici e interi portafogli come quello del fondo Atlantic 1 – che racchiude anche il palazzo dell’informazione in piazza Cavour a Milano – ha oggi in Italia 1,4 miliardi di euro di asset immobiliare, e ancora Cerberus, che finora si era interessato solo agli Npl (ossia i crediti in sofferenza con sottostante immobiliare, ndr), Oak tree, Tristan, Apollo, ma anche Pramerica e Starwood Capital e così via.

Prima di Blackstone era il fondo sovrano del Qatar a fare incetta di hotel di superlusso (suoi i quattro hotel della Costa Smeralda, il Gallia di Milano e il Four Seasons di Firenze), Qatar che peraltro starebbe acquistando a Milano la sede di Crédit Suisse in via Santa Margherita, o ancora il sultano del Brunei, che qualche mese fa ha aggiunto al Principe di Savoia di Milano l’Eden di Roma.

A mettere gli occhi in particolare su shopping center è anche il fondo sovrano di Singapore, in trattativa per acquistare da Cbre global investors il 50% del centro commerciale Roma Est, di cui già possiede il restante 50%, per una cifra pari a 200 milioni di euro. Tra i nomi nuovi quello di Kennedy Wilson, Reit inglese che sta guardando la gara del Fip ed è interessato anche agli Npl.

Anche il fatto che l’offerta in questo momento sia ancora scarsa acuisce l’interesse dei potenziali acquirenti. In particolare è esigua l’offerta di portafogli con rendimenti interessanti in un orizzonte temporale di medio e lungo termine. Anche se iniziano a profilarsi all’orizzonte nuove operazioni.

Arriveranno nuovi pacchetti prevalentemente dai fondi immobiliari. Nei giorni scorsi sono state raccolte offerte per il fondo Orazio di Finanziaria Internazionale. L’elenco dei potenziali acquirenti è presto fatto, con i soliti nomi noti che stanno facendo incetta di immobili nel nostro Paese, da Blackstone a Cerberus, da Apollo a Pramerica passando anche per Hines e Starwood Capital.

Il patrimonio del fondo è costituito da 41 punti vendita di medie dimensioni dislocati a Milano, Roma, Napoli e nel resto d’Italia. Nei prossimi mesi la Sgr, che vista l’imminente scadenza del fondo ha scelto di procedere con una sollecitazione d’interesse, valuterà le offerte e l’iter da seguire per la vendita. Tra gli asset c’è anche la sede di Gucci in via Broletto a Milano, dove la casa di moda resterà fino al 2016, data in cui trasferirà gli uffici in via Mecenate. Prelios avrebbe invece deciso di non vendere Olinda perché il prezzo offerto dal potenziale acquirente Axa Real Estate non è ritenuto adeguato.

 


Autore: Paola Dezza
Fonte:

Il Sole 24 Ore

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