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La partita dei non performing loan delle banche italiane

I crediti non performing loan (Npl), cioè l’insieme di incagli, sofferenze, crediti ristrutturati e scaduti, ammonta in Italia a quasi 300 miliardi di euro: una cifra che rappresenta circa il triplo di quanto fosse nel 2008, l’anno dal quale è partita la grande crisi finanziaria.

In questo immenso universo, secondo uno studio di un’autorevole società indipendente specializzata, il mercato italiano dei Npl potrebbe salire fino a 10 miliardi entro il prossimo anno. Cioè, in base a questo studio, le dismissioni da parte delle banche, a soggetti terzi, dei Npl in portafoglio potrebbe alimentare un mercato che già oggi mostra molto interesse verso questi titoli. Perché tanto interesse? E quali i vantaggi per le banche?

L’interesse per gli acquirenti è legato al fatto che i prezzi in bilancio di questi Npl sono molto ridotti rispetto al valore nominale e questo consente a soggetti specializzati di riuscire in tempi medio lunghi di ricavare plusvalenze importanti.

Per esempio se una banca ha iscritto in bilancio un Npl a 20 rispetto ai 100 di nominale, chi lo acquista può adoperarsi per recuperare anche poco più di 20 per realizzare un ottimo guadagno: se, per esempio, lo rivendesse dopo due anni a 25 ne ricaverebbe un 25% di ritorno, pari all’11,8% annuo composto.

Inoltre, tenendo conto che l’economia si sta riprendendo, è molto probabile che, per il solo effetto della ripresa, i creditori abbiano più disponibilità economiche per saldare il debito. Nel caso delle banche che invece cedono i Npl, il vantaggio è legato al fatto che possono liberarsi di una partecipazione ormai inserita in bilancio già a prezzi stracciati (ma che rischia di impoverirsi ulteriormente) e la cui vendita non provoca ulteriori minusvalenze mentre, al contrario, consente di incamerare risorse fresche azzerando il fardello dei Npl sul bilancio. Un’operazione che, vista su scala nazionale, potrebbe incrementare ulteriormente l’appeal delle nostre banche agli occhi degli investitori esteri.


Fonte:

Financial Lounge

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