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Recupero del credito Iva: illegittimo il controllo automatico

La CTR di Bari – Sezione Staccata di Lecce, con sentenza n. 359/23/14, ha accolto l’appello del contribuente e ha annullato due cartelle di pagamento, ritenendo che nella fattispecie in esame, trattandosi di recupero del credito IVA, l’Agenzia delle Entrate non poteva procedere al controllo automatizzato previsto dagli artt. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

La vicenda ha ad oggetto l’impugnazione, da parte di una società di due cartelle esattoriali relative al recupero del credito Iva, per gli anni di imposta 2004 e 2006.

In particolare, il ricorrente nel ricorso eccepiva l’irritualità delle cartelle, le mancanza di motivazione e la decadenza della iscrizione a ruolo, deducendo altresì la mancanza dei presupposti e delle condizioni di legge per procedere all’iscrizione a ruolo ex artt. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633 del 1972.

Costituitasi in giudizio l’Agenzia delle Entrate, viceversa, sottolineava come l’attività di recupero del credito non spettante, svolta dall’Ufficio, doveva ritenersi attività di controllo formale che si svolge senza alcuna valutazione da parte dell’ufficio, bensì sulla base degli stessi dati dichiarati dalla parte e, dunque, non richiedente alcuna verifica e accertamento.

Mentre la CTP di Brindisi rigettava entrambi i ricorsi, la CTR di Bari Sezione Staccata di Lecce, previa riunione dei ricorsi, ha ritenuto fondate le doglianze sollevate dal contribuente.

Nello specifico, i giudici di merito hanno richiamato il consolidato insegnamento della Corte di Cassazione, ricordando come gli artt. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54 bis del D.P.R. n. 633/1972 possono essere utilizzati solo in casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, dovendosi escludere ogni applicazione in via analogica; tale possibilità, infatti, è prevista soltanto laddove la maggiore imposta dovuta risulti ictu oculi dalla dichiarazione del contribuente.

Nel caso in esame, invece, l’operato finanziario non poteva essere considerato di mero controllo dei dati esposti dal contribuente, bensì di vero e proprio atto di accertamento volto a disconoscere unilateralmente il credito d’imposta, nonostante parte di esso fosse stato precedentemente riconosciuto.

Tale procedura doveva, pertanto, considerarsi del tutto inadeguata e non rispettosa del diritto di difesa del contribuente, anche alla luce del consolidato orientamento della Corte Suprema di Cassazione (da ultimo, Cass. n. 4531 del 22/02/2013) secondo cui “In tema di Iva ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 30 e 55 D.P.R. n. 633 del 1972 l’inottemperanza del contribuente all’obbligo della dichiarazione annuale lo espone all’accertamento induttivo, ed esclude implicitamente la possibilità di recuperare il credito maturato in ordine al relativo periodo d’imposta attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo d’imposta successivo, a tale riguardo al contribuente pertanto residuando solamente la possibilità di chiederne il rimborso”.

Alla luce di tanto, la CTR ha, quindi, ritenuto che “.. se al contribuente è preclusa la possibilità di portare in detrazione il credito IVA maturato a causa della omessa presentazione della dichiarazione nell’anno in cui esso è stato realizzato, non per questo egli ne perde il diritto, ben potendo chiedere il rimborso ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/92. Donde la necessità del previo accertamento induttivo prima di procedere al disconoscimento dell’invocato diritto ritualmente esposto nella dichiarazione rettificata”.

Viceversa, i giudici di seconde cure hanno rigettato i motivi sollevati dal contribuente relativi alla ritualità della notifica della cartella di pagamento effettuata a mezzo posta con invio della raccomandata a.r., anche perché, nel caso di specie, l’atto aveva raggiunto il suo scopo ex art.156 c.p.c., consentendo al suo destinatario di esercitare il proprio diritto di difesa.


Fonte:

Altalex

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