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Intesa e UniCredit insieme per i crediti ristrutturati

Nell’ambito del suo nuovo piano industriale, Intesa Sanpaolo studia una business unit ad hoc, con un veicolo sull’immobiliare e un altro (in tandem con UniCredit e Kkr) sui crediti ristrutturati. Le altre banche medio-grandi stanno alla finestra e aspettano il momento buono per vendere (come ha fatto sapere UniCredit a inizio settimana) portafogli grandi e piccoli di crediti deteriorati. Per le medio-piccole, invece, l’ipotesi più probabile resta quella dell’adesione ai veicoli “tematici” di Mediobanca, che dovrebbero essere pronti nel giro di 3-4 mesi.
Si moltiplicano i progetti delle banche italiane per ottimizzare la gestione dei portafogli crediti. D’altronde, con l’inversione del ciclo economico che finalmente si avvicina e gli esami della Bce ormai alle porte, sembra arrivato il momento di muoversi.


Niente bad bank di sistema


Anche se ogni banca fa storia sé quanto a premesse e obiettivi, dunque probabilmente si andrà in ordine sparso: di fatto l’ha confermato ieri anche il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che di fronte al progetto di una bad bank cui conferire alcuni crediti ristrutturati delle prime due banche italiane l’ha definito come «una delle tante soluzioni di mercato allo studio». In sostanza, è uno dei tanti cantieri attualmente in essere nei diversi istituti, e non una «soluzione di sistema come quelle che vengono proposte dalla Banca d’Italia o dal ministero dell’Economia».


La via di Ca’ de Sass


«Posso solo dire – ha aggiunto ieri Patuelli – che le soluzioni di mercato sono dinamiche e innovative». Proprio come quelle che sta studiando Ca’ de Sass, dove il ceo Carlo Messina è al lavoro sul piano industriale che avrà, come ha anticipato nei mesi scorsi, un focus particolare sulla gestione proattiva del credito. Un cappello sotto cui inserire più iniziative, tra cui quella del veicolo per i crediti ristrutturati: come anticipato ieri da Repubblica, il progetto – allo studio da qualche settimana – vedrebbe coinvolta anche UniCredit così come il fondo americano Kkr, e avrebbe l’obiettivo di offrire nuove potenzialità di sviluppo, con un doppio contributo di credito ed equity, a 8-10 grandi gruppi su cui le due banche si trovano indebitate e con cui l’esposizione è già stata rinegoziata in tempi recenti; un bacino che vale 8,1 miliardi per UniCredit e 2,5 miliardi per Intesa, come ha calcolato ieri Reuters, anche se per il momento – si apprende – non sarebbero ancora state concordate né le modalità di attuazione del veicolo né le imprese che potrebbero essere comprese nel programma.


Le altre banche


Più tradizionale, invece, la via su cui finora si è mossa UniCredit (lunedì scorso ha annunciato la vendita di 700 milioni di npl pro soluto ad Anacap) e sembrano muoversi le grandi popolari, Ubi e Banco Popolare in testa. In particolare, il gruppo guidato da Andrea Moltrasio e Victor Massiah sembra attendere il momento giusto per vendere sul mercato alcuni portafogli di bad loans: gli asset sono stati individuati e nei mesi scorsi, si apprende, sarebbe stata valutata qualche possibile cessione, ma per il momento le condizioni di prezzo non sono state ritenute ragionevoli. Posizione analoga per il Banco Popolare, dove si lavora sull’alleggerimento di uno o più stock di non performing loans, magari pescando dal perimetro di Release, la bad bank nata tre anni fa dalle ceneri di Banca Italease.
E le altre? Il tema è in cima alla lista per banca Mps e il Credito Valtellinese, ad esempio, così come per Veneto Banca, che tra le misure allo studio per soddisfare le richieste della Vigilanza quanto a capitalizzazione ha inserito proprio la cessione di non performing loans per 250 milioni. Certo più si è piccoli più si fatica a vendere, e così si spiega l’azione collettiva di 22 Bcc che a metà dicembre hanno ceduto 150 milioni di bad loans all’americana Crc, così come il progetto (si veda Il Sole 24 Ore di martedì) portato avanti da Mediobanca di creare veicoli diversi per diverse categorie di crediti deteriorati.


Fonte:

Iusletter

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