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NPL, l’approfondimento di Gianpaolo Luzzi

Bankitalia definisce le “sofferenze” quei “crediti la cui riscossione non è certa (per le banche e gli intermediari finanziari che hanno erogato il finanziamento) poiché i soggetti debitori si trovano in stato d’insolvenza (anche non accertato giudizialmente) o in situazioni sostanzialmente equiparabili”.
Sempre Bankitalia dichiara che le sofferenze bancarie nel 2011 sono cresciute del 40% rispetto al 2010. In un anno sono passate da 73 a 102 miliardi. Per ABI le sofferenze al 31 luglio 2012 sono ancora in crescita (+15,4%) e arrivano a quota 114 miliardi.

Attenzione: da queste cifre resta fuori lo stock delle finanziarie al consumo, delle società di leasing e delle utility…
Inoltre non è ben chiaro quale sia la tipologia di questi crediti: immobiliari, mobiliari, fallimenti, vecchi, nuovi, prescritti? Quale tipo di attività di recupero sia stata fatta: blanda, sistematica, hard, interna, esterna, in via extragiudiziale, giudiziale, esecutiva? Quali siano i debitori: privati, aziende, sovraindebitati, furbi, italiani, stranieri comunitari, extracomunitari, disoccupati, sottoccupati, con un lavoro stabile, precario?
In ogni caso, questa enorme massa di “sofferenze” costituisce la base del mercato dei NPL (No Performing Loans). Ma quali sono le dimensioni di tale mercato?

Se, fino agli anni ’80-’90 e inizio 2000 gli scambi avvenivano tra i soliti noti; negli triennio 2005-2008 si è assistito ad una forte accelerazione generata dall’intervento di gruppi stranieri che hanno compiuto importanti operazioni a prezzi decisamente alti, molto più alti del precedente periodo. I vecchi players hanno stentato a tenere il passo. Alcuni attendono alla “finestra”, altri hanno cercato di sostenere il ritmo, ma in genere con scarsa soddisfazione…

Quale è stato l’effetto di queste grosse operazioni da parte degli stranieri? Sul mercato del recupero non se ne avuto grande traccia, o quasi.
Dopo il fallimento della Lehman Brother c’è stato il blocco (o quasi) degli acquisti da parte dei gruppi internazionali e un conseguente ridimensionamento dei prezzi, con ripresa di interesse anche dei gruppi domestici.

Negli ultimi mesi l’interesse degli investitori internazionali si è riacceso. Tuttavia, per iniziare ad acquistare, stanno sostanzialmente ad aspettare che il ridimensionamento dei prezzi arrivi al “quello giusto”, più coerente con le aspettative di recupero,
Il costo di mercato è molto più basso di quello che le banche hanno a bilancio, e così, nell’attesa di un allineamento tra i due valori, gli originators hanno introdotto nuove fasce di recupero: classica la fascia pre-cessione, abbassando ulteriormente l’appetibilità dei loro portafogli…
Questo gap genera un blocco. Gli investitori sono pronti e hanno grosse liquidità, ma sono convinti che le banche facciano richieste troppo alte.
In conclusione, qual è lo stato dell’arte del mercato dei crediti Non Performing in Italia? È quello che si è cercato di scandagliare nella giornata del 26 settembre, a Mestre, Villa Fustemberg, nel corso dell’evento Credit Village – Banca Ifis: Workshop internazionale sul settore dei Crediti non Performing.

Un evento del tutto nuovo per l’Italia, mai realizzato prima, tanto che gli operatori interessati ad approfondire queste tematiche erano costretti a frequentare convegni simili nella city Londinese.
Non sono certo che questo primo evento abbia dato una risposta esaustiva a tutte le domande che aleggiavano nell’aria, ed erano sollecitate dal sottoscritto in qualità di Coordinatore dei lavori della mattina. Certo è che se ne è incominciato a parlare. E questo è sicuramente un risultato positivo.

Credit Village continuerà a seguire il dibattito anche fuori dall’evento, introducendo una rubrica fissa sull’argomento nelle pagine del suo periodico e iniziando a preparare, già da adesso, il prossimo evento sugli stessi temi.


Autore: Gianpaolo Luzzi
Fonte:
Redazione Credit Village

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