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Mutui, che fare con questi tassi?

Gli aspiranti mutuatari sono afflitti da un doppio dubbio. Prima ancora di porsi l’amletica domanda sul tasso da scegliere (fisso o variabile?) il perdurare della crisi dell’Eurozona rende legittima un’altra domanda di fondo: è un buon momento per chiedere un mutuo? Oppure meglio aspettare tempi migliori?

Una buona parte sta decidendo di rimandare questo passo a tempi meno incerti. Ce lo dicono i dati sulle erogazioni del primo trimestre 2012 rilasciati da Assofin-Crif-Prometeia che tracciano un -47% rispetto all’anno scorso (quando i prestiti ipotecari avevano già accusato una pesante battuta d’arresto). Contratti che calano, vuoi per l’offerta certamente più cauta in questa fase, vuoi per il drastico ridimensionamento delle richieste.

Leggendo questo dato al contrario, però, e considerando che in tempi “normali” in Italia mediamente 400mila famiglie l’anno stipulano un mutuo, si deduce che, seppur in calo a livello percentuale, ci sono migliaia e migliaia di famiglie che sono in questo momento alle prese con la richiesta di un finanziamento. Veniamo alla seconda questione: quella del tasso di interesse. La premessa di fondo è che in questa fase, come da dieci mesi, i mutui sono affetti dal mal di spread (il margine che le banche applicano e che comprende oltre agli utili anche i costi di copertura dal rischio raccolta).

Gli spread mediamente applicati dalle banche su un mutuo standard (150mila euro da rimborsare in 25 anni) sono superiori al 3%, il doppio rispetto a un anno fa, quando la crisi dei debiti sovrani non era ancora dilagata. Ma anche in questo caso c’è un’altra faccia della medaglia. La stessa crisi che ha fatto impennare gli spread ha drasticamente abbattuto gli indici europei (Euribor per i mutui a tasso variabile ed Eurirs per quelli a tasso fisso) che, sommati allo spread, danno il tasso di interesse finale. Dopo il taglio del tasso di riferimento europeo dall’1% allo 0,75% annunciato il 5 luglio dalla Bce, gli Euribor hanno continuato a perdere quota, già scontando prossimi tagli da parte della Bce.

L’Euribor a 3 mesi è scivolato intorno allo 0,5% e l’indice mensile è sceso sotto lo 0,25. Ne consegue che oggi si può spuntare un tasso variabile, valutando le migliori offerte, di poco superiore al 3 per cento. Di converso, la crisi spinge gli investitori a rifugiarsi sul Bund tedesco, al cui rendimento è in linea teorica collegato l’andamento degli Eurirs che, quindi, sono anch’essi sui minimi storici. Gli Eurirs a 20-25 anni viaggiano intorno al 2,2 per cento. Così, aggiungendo uno spread del 3, si ha un tasso finito fisso di poco superiore al 5%, nella migliore delle ipotesi.

Quindi, pur trattandosi di un tasso storicamente non elevato, più caro rispetto al variabile di circa 200 punti base (2%). Ovvero 200 euro al mese in più restando nell’ipotesi di un mutuo da 150mila euro da restituire in 25 anni (con rate variabili da circa 700 euro e rate fisse vicine ai 900). A questo punto nei pensieri del mutuatario è probabile che scatti un’altra, giustificata domanda: ma se poi i tassi salgono? Non è quindi meglio fare il fisso da subito, pagare un po’ di più ma stare tranquilli?

Chi di fronte a questa domanda non riesce a dormire sonni sereni è giusto che si fermi qui. Ma chi è pronto a fare un salto in più, è bene che dia uno sguardo alle previsioni sugli indici Euribor. I future sui contratti a 5 anni indicano che l’Euribor a 3 mesi continuerà a scendere fino a fine 2013 per risalire lentamente e raggiungere l’1,9% nel 2017.

In sostanza, gli Euribor dovrebbero restare sotto gli indici Eurirs almeno per altri cinque anni, ovvero per 60 rate. È pur vero che si tratta di previsioni suscettibili di errori, ma il mercato in questo momento dà un segnale chiaro: considerando che si pagano più interessi nei primi anni del mutuo, dal punto di vista finanziario sarebbe più logico partire con un variabile e beneficiare del risparmio derivante dal differenziale tra i tassi.

Si potrebbe completare la strategia abbinando al mutuo a tasso variabile un conto di deposito o un altro investimento che consenta di parcheggiare (senza eccessivi vincoli temporali) la liquidità. Un conto dove accantonare la differenza tra la rata fissa (che si sarebbe pagata) e quella variabile (con cui si è scelto di avviare il mutuo in quanto più economica). Con il doppio vantaggio di costituire un gruzzolo dove attingere in futuro, nel caso le rate variabili dovessero scollinare quelle a tasso fisso, e di far maturare interessi. In questo modo, anche chi sceglie il variabile può provare a dormire sonni tranquilli.


Autore: Vito Lops
Fonte:

Il Sole 24Ore

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