Scelti per voi

Istat: una famiglia su tre spende di meno per mangiare. Tra operai e imprenditori un divario di 1.000 euro al mese

Una famiglia su tre (il 35,8%) nel 2011 dichiara di aver diminuito la quantità e la qualità dei prodotti alimentari acquistati, rispetto al 2010. Lo riferisce l’Istat, nelle statistiche sui consumi delle famiglie, aggiungendo che è in aumento (di due punti percentuali) la quota di famiglie del Mezzogiorno che compra generi alimentari negli hard-discount (la percentuale è salita dall’11,2% del 2010 al 13,1% del 2011).

Inoltre, la maggior parte delle famiglie (il 67,5%) fa la spesa al supermercato, che si conferma il luogo di acquisto prevalente, nonostante una lieve flessione. Quasi la metà (il 47,7%) continua a comprare il pane al negozio tradizionale, il 9,7% sceglie il mercato per l’acquisto di pesce e il 16,4% per la frutta e la verdura. E secondo un’altra ricerca, presentata da Coldiretti, nei primi cinque mesi del 2012, una nuova spending review ha portato gli italiani a diminuire i consumi alimentari dell’1,5% circa: in tavola arriva più pasta (+3%), mentre diminuiscono le bistecche (-6%).

Meno vestiti e scarpe. Secondo il report dell’Istat sui consumi 2011, le famiglie tirano la cinghia: meno vestiti e scarpe, meno mobili e oggetti per la casa. Ma si cerca anche di risparmiare sulle spese dedicate alla cultura e la tempo libero con meno cinema, teatri e viaggi. E perfino meno cibo: il 35,8% delle famiglie dichiara di aver diminuito la quantità e/o la qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente. Tra di esse, il 65,1% dichiara di aver ridotto solo la quantità, mentre nel 13,3% dei casi diminuisce anche la qualità.

È di 1.000 euro il divario di spesa tra operai e imprenditori

Circa 1.100 euro separano la spesa media mensile delle famiglie di operai (2.430 euro) da quella delle famiglie di imprenditori e liberi professionisti (3.523 euro). Il dato relativo al 2011 è stato reso noto dall’Istat. La spesa media scende a 1.906 euro mensili per le famiglie con a capo un disoccupato, una casalinga o una persona in altra condizione non professionale (esclusi i ritirati dal lavoro, le cui famiglie spendono in media 2.139 euro).

Lombardia al top per spesa mensile

La Lombardia, si legge nell’analisi dell’Istat, è la regione con la spesa media mensile più alta (3.033 euro), seguita dal Veneto (2.903 euro). Fanalino di coda, anche nel 2011, la Sicilia che, con una spesa media mensile di 1.637 euro, vede aumentare il divario dalla regione con la spesa più elevata (circa 1.400 euro). Nel 2011, agli acquisti di generi alimentari e bevande è stato destinato, in media, il 19,2% della spesa totale: una quota in lieve aumento rispetto al 19,0% del 2010. «Tale aumento – si legge nel rapporto Istat – si osserva soprattutto nel Mezzogiorno, dove la spesa alimentare arriva a rappresentare il 25,6% della spesa totale (era il 25,0% nel 2010); in particolare, per la carne la quota sale dal 5,7% al 5,9%.

In tutte le regioni del Mezzogiorno, a eccezione dell’Abruzzo, alla spesa alimentare viene destinato oltre un quinto della spesa totale (in Campania, Sicilia e Calabria tale quota di spesa rappresenta più di un quarto della spesa totale), mentre nelle regioni del Nord la quota per questa voce è inferiore a quella media nazionale, fatta eccezione per la Liguria, dove si attesta al 19,7%, anche a seguito dell’elevata presenza di anziani nella popolazione.

Il Centro, invece, presenta le più elevate quote di spesa destinate all’abitazione (32,4%), in particolare nel Lazio e in Toscana, dove si raggiungono rispettivamente il 33,9% e il 32,6%. In generale, le regioni con i livelli di spesa più bassi mostrano quote di spesa più contenute per altri beni e servizi e per tempo libero e cultura: tali spese rappresentano il 9,9% della spesa totale delle famiglie siciliane, contro quasi il 17% di quelle residenti in Piemonte e Valle d’Aosta. Per quanto riguarda l’istruzione, la quota di spesa varia da un massimo del 2,0% in Basilicata ad un minimo dello 0,6% in Campania; per beni e servizi sanitari, la quota di spesa passa dal 4,9% del Trentino Alto Adige al 2,8% della Campania.


Fonte:

Ilsole24ore

Credit Village è oggi il punto di incontro e riferimento - attraverso le sue tre aree, web, editoria, eventi - di professionisti, manager, imprenditori e operatori della gestione del credito. Nasce nel 2002 con l’intento di diffondere anche in Italia, così come avveniva nel mondo anglosassone, la cultura del Credit e Collection Management.