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Corte dei Conti, l’Italia va a fondo con 140 mld di tasse

L’austerità del governo ha innescato un meccanismo che, complici anche le leggi europee, rischia di sprofondare l’Italia nella recessione più nera. Il monito arriva dalla Corte dei Conti e, c’è da crederci, farà discutere a Palazzo Chigi e dintorni. Quello che vanno propugnando da tempo numerosi economisti, e MF-Milano Finanza in prima fila, viene sancito da un organo super partes: non può esserci crescita solo con le tasse e in presenza di un enorme debito pubblico. Un debito che nessuno nell’esecutivo Monti ha il coraggio di aggredire per frenare la nuova tempesta sui mercati e il volo dello spread oltre 400 punti,I magistrati contabili, per voce del loro presidente Luigi Giampaolino, si sono prodotti in una durissima analisi del Documento di economia e finanza (Def) e hanno fatto anche i calcoli di quanto costerà al Paese la manovra salva-Italia: la bellezza di 146 miliardi di euro nel triennio 2012-2014 e più di 37 miliardi di euro di minori consumi nell’anno in corso. Più che un campanello d’allarme, quasi una campana a morto.

«Il pericolo di un corto circuito rigore-crescita non è dissipato nell’impianto del Def 2012-2015, impegnato a definire il profilo di avvicinamento al pareggio di bilancio in un arco di tempo molto breve», ha rilevato ieri Giampaolino, davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, «la ristrettezza dei margini temporali, imposti dalle intese europee, complica infatti la realizzabilità di una politica economica nella quale si compongono le esigenze di riequilibrio del bilancio con quelle della ripresa, affidata alle riforme strutturali».

Secondo la Corte dei Conti, nel quadro programmatico di finanza pubblica esposto dal Def «in presenza di un pil nominale che non supererà lo 0,5% nell’anno in corso, il 2,4% nel 2012 e il 2,8% nel 2014, l’equilibrio dei conti è affidato a interventi correttivi cumulativamente stimati in circa 50 miliardi nel 2012, più di 75 miliardi nel 2013 e oltre 81 miliardi nel 2014». Il dato peggiore è che la componente fiscale di tali interventi «è altissima»: circa l’82% nel 2012, quasi il 70% nel 2013 e oltre il 65% nel 2014. Totale, 146 miliardi di euro di tasse che svuoteranno le tasche degli italiani. Non solo. La pressione fiscale inevitabilmente salirà dal 42,5% del 2011 a più del 45% per l’intero triennio successivo e lo scalino, secondo i magistrati contabili, «è ancora maggiore se si considera che nelle entrate del 2011 sono contabilizzati oltre 6 miliardi di gettito una tantum dell’imposta sostitutiva relativa al riallineamento volontario dei valori di bilancio ai principi Ias»

. Insomma, c’è poco da star tranquilli, se si pensa che il decreto salva-Italia, da una correzione iniziale di circa 20 miliardi di euro, comporterà un drammatico avvitamento dell’economia italiana. «Prendendo a riferimento il 2013, l’anno del pareggio», ha detto ancora Giampaolino, «si può calcolare che l’effetto recessivo indotto dissolverebbe circa la metà dei 75 miliardi di correzione netta attribuiti alla manovra di riequilibrio». Soluzioni? Tagliare la spesa pubblica improduttiva e soprattutto il debito pubblico, come questo giornale si ostina a ripetere da agosto 2011. «Nel passato alle dismissioni si è fatto ampio ricorso, prima con le privatizzazioni e poi con il non felice esperimento delle cartolarizzazioni, senza ottenere risultati di effettivo rilievo sul piano dell’abbattimento dello stock del debito», per questo, secondo la Corte, «sarebbe opportuno prevedere all’interno del governo una sede dedicata supportata da una task force operativa per acquisire, entro un termine breve prestabilito, tutti gli elementi conoscitivi disponibili con riguardo ai cespiti pubblici cedibili, corredati delle informazioni necessarie in ordine ai vincoli e alle condizioni di utilizzo, nonché individuare le eventuali modifiche al quadro normativo necessarie per accelerare le cessioni». La Corte dei Conti sul tagliadebito ha quindi le idee chiare, il governo vi ci dovrebbe ricorrere per evitare il tracollo del Paese.


Autore: Roberto Sommella
Fonte:

Milano Finanza

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