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Ciclone sul credito

I rumors di un possibile contatto tra Italia e Cina per la vendita di una «significativa» quota di debito fa chiudere Wall Street in territorio positivo. Della notizia, arrivata in serata (si veda per i dettagli a pagina 2), non hanno però beneficiato i listini europei, caduti nel frattempo ai minimi dal luglio 2009.

A forza di continui cali, le borse europee hanno mandato in fumo più di due anni di crescita delle capitalizzazioni. E anche ieri (con una perdita del 2,5%) – quasi una prosecuzione della seduta di venerdì – le flessioni hanno riguardato soprattutto i titoli finanziari. Basti pensare che il comparto delle banche europee ieri ha ceduto il 4,6% mentre gli assicurativi hanno lasciato sul terreno il 4,4%, confermandosi così i peggiori settori del Vecchio Continente. A pesare sono state soprattutto le vendite sugli istituti francesi, su cui pende la spada di Damocle del debito ellenico: in caso di fallimento della Grecia, a pagare il dazio maggiore sarebbero proprio le banche d’Oltralpe, che sono in cima alla lista dei creditori di Atene. Ecco perché Bnp Paribas (-12%), Société Générale (11%) e Crédit Agricole (-10,6%) ieri hanno accusato arretramenti che hanno portato a circa il 50% la perdita di valore nel giro di tre mesi.

Come in un effetto domino, a cadere è stato tutto il settore finanziario europeo. Commerzbank ha lasciato sul terreno l’8,3%, Deutsche Bank il 7,3%, Ing l’8,6%. Giù anche le spagnole (Banco Espirito Santo -7,7%) e gli stessi istituti italiani, puniti dalle potenziali minusvalenze legate ai titoli di Stato detenuti in portafoglio. L’effetto, inevitabile, è stato un violento arretramento di tutte le principali piazze europee: a partire da Atene (-4,50%) per proseguire con Parigi (-4,03%), Milano (-3,89%), Madrid (-3,41%), Francoforte (-2,27%) e Londra (-1,63%).

Non che ieri i mercati abbondassero di buone notizie. I rumors che volevano una Grecia in default nel fine settimana si sono rivelati falsi e questo è stato sicuramente un fatto positivo. Tuttavia gli investitori non sapevano se rallegrarsi o meno del varo, da parte del governo ellenico, di una nuova manovra da 2 miliardi approntata nel tentativo di assicurarsi una nuova rata del prestito d’emergenza necessario per evitare la bancarotta. Nuovi motivi di sfiducia derivano anche dall’assenza di misure specifiche prese dal G7 a Marsiglia, che servirebbero a rimettere in sesto le traballanti condizioni macroeconomiche europee. Inoltre, il terremoto scatenato dalle dimissioni di Jürgen Stark, il “falco” tedesco della Banca centrale europea, non aiuta a tranquillizzare gli animi. Il disaccordo interno al board della Bce è infatti il miglior esempio della fragilità con cui la politica europea interna può e sa reagire alla difficile fase economica attuale.

Dall’altra parte dell’Oceano, Wall Street, dopo aver trascorso quasi tutta la seduta in calo, ha girato nel finale in positivo, con l’S&P 500 a +0,7 per cento. Il possibile motivo? In chiusura è arrivata la notizia che la Cina stia trattando con il Governo italiano e altri Paesi Ue per comprare titoli di Stato. Un’iniezione di fiducia rispetto al mare di incertezze in cui naviga il debito europeo periferico.

Del resto, lo stesso Pimco Total Return Fund, il più grande fondo comune americano, sta registrando le peggiori performance dal 1995 anche a causa degli investimenti sul debito italiano. Bill Gross ha scommesso, tra gli altri, 1,3 miliardi di dollari sui BTp italiani legati all’inflazione. E alla luce del calo dei prezzi dei titoli di Stato del nostro Paese, il suo fondo ha fatto segnare uno scarto delle performance del l’89% rispetto a quello medio dei fondi concorrenti.


Autore: Luca Davi
Fonte: Il Sole 24 ore

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