Dalla Redazione Investor, servicer e debt buyer Normativa e regolamentazione NPL e crediti deteriorati

Le 115 piccole e medie navigano a vista ma c’è speranza nel futuro

Intervista a Luca Grimaldi, CEO di Faktorec

 

Da quando è entrata in vigore la direttiva europea, come stanno vivendo le piccole e medie 115? Quali sono oggi le principali difficoltà?

L.G. Da novembre dello scorso anno, quando abbiamo iniziato a conoscere da vicino la direttiva e la sua ricezione in Italia, è stato come vedere una tempesta in lontananza con la certezza che prima o poi ci saremmo finiti dentro. Noi ci siamo ritrovati nel mezzo a giugno di quest’anno e ne siamo usciti, o perlomeno ce lo auguriamo. Dobbiamo resistere, e questo è proprio il consiglio che do a tutte le piccole e medie 115 che in questo momento stanno navigando a vista. Fare una programmazione a lungo termine, con una visione che vada oltre l’orizzonte dell’immediato futuro, non è possibile. Ma sono convinto che chi tiene duro oggi, avrà ragione domani. Qualcosa si sta muovendo, ma serve pazienza e capacità di restare in piedi finché non si aprirà davvero una nuova fase.

Si parla molto della licenza 114: quanto pesa oggi per una 115 medio-piccola? È davvero una scelta strategica?

L.G. Ad oggi, molte 115 medio-piccole stanno ancora cercando di capire cosa fare. È una riflessione aperta, non tanto per mancanza di visione, quanto perché una scelta del genere impone valutazioni concrete sui costi, sui benefici e soprattutto sulla sostenibilità nel tempo. La licenza 114 non è solo un cambio formale: significa diventare vigilati dalla Banca d’Italia, affrontare adempimenti più stringenti e sostenere costi maggiori. In un contesto dove il lavoro vero, quello da gestire, scarseggia, serve cautela. Non basta dire “la prendo”, bisogna chiedersi: mi serve davvero? Ci costruisco sopra un modello di business? Se no, rischia di essere solo un’etichetta vuota.

Perché le piccole non riescono ad accedere al mercato primario? E il secondario ha ancora spazi di margine oppure è ormai troppo deteriorato?

L.G. Solitamente, una 115 medio-piccola non ha la forza economica per accaparrarsi portafogli sul mercato primario, dove le trattative si chiudono su volumi importanti, spesso in un’unica soluzione. Qualche anno fa si era parlato di vendite clusterizzate anche per noi, ma alla fine è rimasta un’occasione solo teorica. Sul secondario, invece, i portafogli continuano a circolare ma sono spesso estremamente deteriorati e già lavorati più volte.

Quanto conta oggi la specializzazione nella gestione dei crediti deteriorati e quali strade di diversificazione possono aprire nuove opportunità per le 115 medio-piccole?

L.G. La specializzazione conta ancora moltissimo. È quella che ci permette, oggi, di restare in piedi. Noi lavoriamo molto sul corporate e sul legal, e le nostre risorse hanno competenze trasversali. Ma non ci si improvvisa: serve formazione continua, serve investirci. Per esempio, stiamo organizzando corsi interni su conflitti d’interesse, protezione dei dati personali nel mondo NPL , D.Lgs.231 e anticorruzione, e altri aspetti delicati che ci aiutano a tenere alta la qualità del lavoro. È anche grazie a questo se oggi possiamo affrontare pratiche deteriorate con un approccio competente, pur sapendo che i miracoli, in questo mercato, non li fa più nessuno.

Allo stesso tempo, però, è inevitabile iniziare a guardare altrove. Alcune 115 stanno valutando l’ingresso nel recupero dei crediti commerciali, altre si affacciano sul mercato delle utility, anche se si tratta spesso di portafogli piccoli. Il punto è che per molte realtà, oggi, la sopravvivenza passa anche dalla capacità di diversificare e uscire dalla propria comfort zone. In attesa che il mercato NPL riparta davvero, serve coraggio per esplorare anche ambiti non tradizionali.

Come vedi il futuro delle 115 medio-piccole? Ci sono segnali di ripresa o è ancora presto per parlare di una nuova fase?

L.G. Non siamo ancora usciti dalla tempesta, ma qualche bagliore all’orizzonte si intravede. Le grandi hanno ripreso a comprare, qualche portafoglio nuovo è arrivato, soprattutto lato legal, e chi è strutturato riesce a lavorare. Il contesto però resta fragile. Tante 115 hanno chiuso, altre si stanno ridimensionando, diventando realtà molto piu’ snelle.  Non si parla più di crescita, ma di sopravvivenza.

Eppure, credo che chi continua a investire in formazione, chi non smette di cercare soluzioni e mantiene un presidio attivo sul mercato, potrà farsi trovare pronto quando cambierà davvero. Il futuro sarà diverso da quello che conoscevamo: più selettivo, più difficile, ma non impossibile.

Quanto conta oggi per una 115 medio-piccola promuoversi, comunicare la propria specializzazione e presidiare i canali digitali, anche in un’ottica di reputazione e educazione finanziaria?

L.G. Conta molto più di quanto siamo abituati a pensare. In un settore come il nostro, dove il lavoro spesso arriva per conoscenza diretta o per posizionamento, far sapere cosa fai, come lo fai e con quali competenze è fondamentale. Anche noi, che siamo una realtà piccola, ci stiamo rendendo conto che dovremmo comunicare meglio. Raccontare le nostre specializzazioni, far vedere che formiamo il personale, che investiamo sulla qualità.

Certo, manca la cultura del marketing in questo settore, e spesso ci si affida solo a canali verticali o istituzionali. Ma oggi, presidiare i social in modo intelligente, anche solo con contenuti semplici, informativi, legati all’educazione finanziaria, può aiutare a rafforzare la reputazione, a dare valore al brand e a distinguersi. Non è una priorità solo per i grandi: anche le piccole devono iniziare a pensarci.

 

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