Intervista a Raffaele Faragò, CEO 130 Servicing
Quale approccio adotterete verso gli investitori che intendono acquistare crediti ma non vogliono dotarsi della licenza ex art. 114 TUB?
R.F. La nuova direttiva, come ormai noto, consente l’acquisto di crediti in sofferenza a soggetti diversi rispetto a quelli autorizzati in regime di attività riservata. Resta sempre possibile, se i volumi lo consentono, la tradizionale operazione di cartolarizzazione. I soggetti che si potranno qualificare come Acquirenti del Credito, in alternativa alla tradizionale operazione
di cartolarizzazione, avranno la possibilità di acquisire sul mercato le necessarie competenze da operatori come noi che, in quanto 106 TUB, potremo fornire anche supporto agli acquirenti come Gestori del Credito. Sarà necessario procedere però con prudenza e gradualmente al fine di consentire alla prassi di crearsi e consolidarsi. Per tale motivo il nostro consiglio è quello di adottare la nuova direttiva solo per single name o posizioni poco granulari, mentre suggeriamo sempre la cartolarizzazione per portafogli con una granularità importante.
La nuova normativa sembra penalizzare le società di recupero ex art. 115 TULPS. Che tipo di soluzioni proponete per garantire continuità operativa a questi player?
R.F. Il modello che stiamo adottando e proponendo ai 115 che vogliono continuare ad acquistare crediti, o comunque operare per Acquirenti del Credito senza fare il passaggio a 114, è simile a quello adottato nelle operazioni di cartolarizzazione.
In sostanza l’acquirente del credito, sia esso lo stesso 115 o un soggetto terzo, affida a noi il mandato di gestore del credito e poi noi deleghiamo l’attività di recupero stragiudiziale al 115 che ha individuato l’opportunità per il proprio cliente o per sé stesso. Come attualmente accade nel settore delle cartolarizzazioni, non prevediamo partnership esclusive con altri operatori, vogliamo rimanere un player indipendente che possa essere garante di servizi in piena conformità regolamentare.
Le SPV tradizionali sono troppo onerose per investimenti di taglia medio-piccola. Pensate sia ipotizzabile un modello di SPV multi-comparto con costi condivisi tra diversi buyer?
R.F. Questo aspetto rappresenta in parte un limite per l’applicazione delle operazioni di cartolarizzazione.
Infatti, il rovescio della medaglia rispetto alla segregazione tra comparti è che la maggior parte degli adempimenti e dei flussi sono dovuti in modo singolo per ogni comparto.
Esistono peraltro anche rischi di diversa natura in un’ipotesi di SPV multi-comparto condiviso. Uno su tutti il rischio reputazionale, un eventuale articolo o notizia negativa su una specifica operazione verrebbe sommariamente attribuita alla SPV e non al comparto, distinzione specifica che peraltro difficilmente verrebbe colta. Ciò potrebbe tradursi in rischio reputazionale anche per gli investitori degli altri comparti che avrebbero ripercussioni di carattere informativo verso l’esterno. Condividendo la SPV verrebbero meno anche prerogative che noi riserviamo ai nostri clienti in merito alla governance, opzioni di acquisto o anche di trasferimento della SPV ad un diverso servicer. Questa possibilità mancherebbe se la SPV fosse condivisa con investitori terzi. I costi delle cartolarizzazioni si sono sensibilmente ridotti nel tempo, ma come dicevo, restano uno strumento adatto a single name di importo rilevante, o a chi intende cogliere più opportunità di acquisto nel tempo, anche di importo più contenuto. Fermo restando quanto sopra resta inteso che la normativa attuale consentirebbe questo tipo di struttura.
Qual è l’impatto immediato che state registrando in termini di richieste di licenze o variazioni operative?
R.F. Ovviamente non abbiamo dati o informazioni certe sul numero di licenze richieste. La percezione che arriva però da diverse fonti e direzioni è che in questa prima fase la quantità di richieste sia in numero abbastanza contenuto. Immagino che poi diverse richieste non troveranno accoglimento o che comunque l’istante desisterà poi; in effetti i requisiti previsti
sono sicuramente importanti ed impattanti come la stessa autorità aveva chiarito ad inizio marzo in un webinar appositamente organizzato. Credo che molti operatori stiano valutando le opzioni che esistono offrendo comunque l’opportunità di continuare a gestire i crediti ed acquistarli rispettando però i nuovi requisiti. Ritengo che uno degli aspetti più rilevanti e corretti introdotto dalla nuova direttiva, sia l’obbligo di adesione alla Centrale Rischi. Quest’intervento ha finalmente sanato un’importante disparità segnaletica tra le sofferenze comprate da una SPV (continuità segnaletica) e quelle comprate prima da una società 115 (interruzione flusso segnaletico).
Secondo voi questa normativa era davvero necessaria o rischia di avere effetti contrari alla stabilizzazione del mercato?
R.F. Personalmente credo che in Italia ci fosse già un impianto normativo strutturato con requisiti più stringenti e tutelanti di altri paesi. Sicuramente alcuni elementi introdotti dalla normativa sono utili, si veda il tema CR già citato, altri forse meno. Sarà importante capire che evoluzione ci sarà sul mercato anche perché permangono ancora alcune zone di dubbio interpretativo su alcuni passaggi.
Dal punto di vista del mercato solo il tempo darà le risposte: da un lato sicuramente l’intervento disciplina maggiormente gli acquisti delle sofferenze rispetto a quelli fatti in precedenza dai soggetti 115; dall’altro però la caduta della riserva di attività sull’acquisto e l’arrivo di nuovi operatori porterà inevitabilmente ad un periodo di confusione sulle corrette modalità di gestione, sui limiti che la normativa impone e sui controlli che i soggetti abilitati dovranno svolgere. Basti pensare che a distanza di quasi trent’anni dall’entrata in vigore della legge 130, permangono ancora svariate zone grigie in cui ogni operatore si muove sulla base delle proprie interpretazioni e delle proprie policy e procedure.
Come cambia il vostro ruolo nella gestione di portafogli misti (secured/unsecured, granulari/mid-ticket)?
R.F. Operando come master servicer da diversi anni, su tante operazioni e con molte controparti siamo abituati a gestire processi e portafogli variegati.
Rispetto all’attività di Gestori del Credito al momento non valuteremo mandati per portafogli granulari che dirotteremmo, come detto, su operazioni più strutturate. Ci aspettiamo un aumento di gestione in termini di single name d’importo contenuto, operazioni che fino a pochi mesi fa avremmo veicolato come opportunità ad altri operatori poiché non adeguate a un’operazione di cartolarizzazione. Onestamente credo che la cartolarizzazione, nel caso di acquisti importanti in termini di volumi resti lo strumento più adatto anche perché offre diverse opportunità e vantaggi a fronte di costi che ormai sono comunque più contenuti del passato.
Intervista a Raffaele Faragò, CEO 130 Servicing
Quale approccio adotterete verso gli investitori che intendono acquistare crediti ma non vogliono dotarsi della licenza ex art. 114 TUB?
R.F. La nuova direttiva, come ormai noto, consente l’acquisto di crediti in sofferenza a soggetti diversi rispetto a quelli autorizzati in regime di attività riservata. Resta sempre possibile, se i volumi lo consentono, la tradizionale operazione di cartolarizzazione. I soggetti che si potranno qualificare come Acquirenti del Credito, in alternativa alla tradizionale operazione
di cartolarizzazione, avranno la possibilità di acquisire sul mercato le necessarie competenze da operatori come noi che, in quanto 106 TUB, potremo fornire anche supporto agli acquirenti come Gestori del Credito. Sarà necessario procedere però con prudenza e gradualmente al fine di consentire alla prassi di crearsi e consolidarsi. Per tale motivo il nostro consiglio è quello di adottare la nuova direttiva solo per single name o posizioni poco granulari, mentre suggeriamo sempre la cartolarizzazione per portafogli con una granularità importante.
La nuova normativa sembra penalizzare le società di recupero ex art. 115 TULPS. Che tipo di soluzioni proponete per garantire continuità operativa a questi player?
R.F. Il modello che stiamo adottando e proponendo ai 115 che vogliono continuare ad acquistare crediti, o comunque operare per Acquirenti del Credito senza fare il passaggio a 114, è simile a quello adottato nelle operazioni di cartolarizzazione.
In sostanza l’acquirente del credito, sia esso lo stesso 115 o un soggetto terzo, affida a noi il mandato di gestore del credito e poi noi deleghiamo l’attività di recupero stragiudiziale al 115 che ha individuato l’opportunità per il proprio cliente o per sé stesso. Come attualmente accade nel settore delle cartolarizzazioni, non prevediamo partnership esclusive con altri operatori, vogliamo rimanere un player indipendente che possa essere garante di servizi in piena conformità regolamentare.
Le SPV tradizionali sono troppo onerose per investimenti di taglia medio-piccola. Pensate sia ipotizzabile un modello di SPV multi-comparto con costi condivisi tra diversi buyer?
R.F. Questo aspetto rappresenta in parte un limite per l’applicazione delle operazioni di cartolarizzazione.
Infatti, il rovescio della medaglia rispetto alla segregazione tra comparti è che la maggior parte degli adempimenti e dei flussi sono dovuti in modo singolo per ogni comparto.
Esistono peraltro anche rischi di diversa natura in un’ipotesi di SPV multi-comparto condiviso. Uno su tutti il rischio reputazionale, un eventuale articolo o notizia negativa su una specifica operazione verrebbe sommariamente attribuita alla SPV e non al comparto, distinzione specifica che peraltro difficilmente verrebbe colta. Ciò potrebbe tradursi in rischio reputazionale anche per gli investitori degli altri comparti che avrebbero ripercussioni di carattere informativo verso l’esterno. Condividendo la SPV verrebbero meno anche prerogative che noi riserviamo ai nostri clienti in merito alla governance, opzioni di acquisto o anche di trasferimento della SPV ad un diverso servicer. Questa possibilità mancherebbe se la SPV fosse condivisa con investitori terzi. I costi delle cartolarizzazioni si sono sensibilmente ridotti nel tempo, ma come dicevo, restano uno strumento adatto a single name di importo rilevante, o a chi intende cogliere più opportunità di acquisto nel tempo, anche di importo più contenuto. Fermo restando quanto sopra resta inteso che la normativa attuale consentirebbe questo tipo di struttura.
Qual è l’impatto immediato che state registrando in termini di richieste di licenze o variazioni operative?
R.F. Ovviamente non abbiamo dati o informazioni certe sul numero di licenze richieste. La percezione che arriva però da diverse fonti e direzioni è che in questa prima fase la quantità di richieste sia in numero abbastanza contenuto. Immagino che poi diverse richieste non troveranno accoglimento o che comunque l’istante desisterà poi; in effetti i requisiti previsti
sono sicuramente importanti ed impattanti come la stessa autorità aveva chiarito ad inizio marzo in un webinar appositamente organizzato. Credo che molti operatori stiano valutando le opzioni che esistono offrendo comunque l’opportunità di continuare a gestire i crediti ed acquistarli rispettando però i nuovi requisiti. Ritengo che uno degli aspetti più rilevanti e corretti introdotto dalla nuova direttiva, sia l’obbligo di adesione alla Centrale Rischi. Quest’intervento ha finalmente sanato un’importante disparità segnaletica tra le sofferenze comprate da una SPV (continuità segnaletica) e quelle comprate prima da una società 115 (interruzione flusso segnaletico).
Secondo voi questa normativa era davvero necessaria o rischia di avere effetti contrari alla stabilizzazione del mercato?
R.F. Personalmente credo che in Italia ci fosse già un impianto normativo strutturato con requisiti più stringenti e tutelanti di altri paesi. Sicuramente alcuni elementi introdotti dalla normativa sono utili, si veda il tema CR già citato, altri forse meno. Sarà importante capire che evoluzione ci sarà sul mercato anche perché permangono ancora alcune zone di dubbio interpretativo su alcuni passaggi.
Dal punto di vista del mercato solo il tempo darà le risposte: da un lato sicuramente l’intervento disciplina maggiormente gli acquisti delle sofferenze rispetto a quelli fatti in precedenza dai soggetti 115; dall’altro però la caduta della riserva di attività sull’acquisto e l’arrivo di nuovi operatori porterà inevitabilmente ad un periodo di confusione sulle corrette modalità di gestione, sui limiti che la normativa impone e sui controlli che i soggetti abilitati dovranno svolgere. Basti pensare che a distanza di quasi trent’anni dall’entrata in vigore della legge 130, permangono ancora svariate zone grigie in cui ogni operatore si muove sulla base delle proprie interpretazioni e delle proprie policy e procedure.
Come cambia il vostro ruolo nella gestione di portafogli misti (secured/unsecured, granulari/mid-ticket)?
R.F. Operando come master servicer da diversi anni, su tante operazioni e con molte controparti siamo abituati a gestire processi e portafogli variegati.
Rispetto all’attività di Gestori del Credito al momento non valuteremo mandati per portafogli granulari che dirotteremmo, come detto, su operazioni più strutturate. Ci aspettiamo un aumento di gestione in termini di single name d’importo contenuto, operazioni che fino a pochi mesi fa avremmo veicolato come opportunità ad altri operatori poiché non adeguate a un’operazione di cartolarizzazione. Onestamente credo che la cartolarizzazione, nel caso di acquisti importanti in termini di volumi resti lo strumento più adatto anche perché offre diverse opportunità e vantaggi a fronte di costi che ormai sono comunque più contenuti del passato.