Partiamo dal suo percorso: come è arrivato nel mondo del recupero crediti e alla nascita di Faktorec?
L.G. Il mio ingresso nel settore del recupero crediti è avvenuto quasi per caso, durante gli anni universitari. Studiavo Infermieristica, ma per sostenere economicamente il percorso accademico ho iniziato a lavorare, nel 2006, presso una società specializzata nella gestione del credito. Da quella prima esperienza è nata una forte attrazione per un ambito professionale che, pur non essendo parte della mia formazione originaria né del contesto familiare, mi ha coinvolto fin da subito per le sue dinamiche complesse.
Dopo circa nove anni di esperienza come dipendente, durante i quali ho avuto modo di approfondire ogni aspetto operativo e strategico del settore, nel 2016 ho deciso di avviare un’attività imprenditoriale autonoma. Nasce così Faktorec, una realtà che ho costruito partendo da competenze acquisite sul campo, ma soprattutto da una visione molto chiara: offrire un servizio specializzato, con una forte attenzione alla qualità della gestione, alla compliance e all’evoluzione tecnologica.
Faktorec oggi: come si struttura l’azienda, qual è il suo posizionamento e quali sono i tratti distintivi del vostro approccio?
L.G. Faktorec è una realtà composta da un team di risorse altamente qualificate. La nostra struttura si fonda su un approccio estremamente focalizzato, che privilegia la qualità alla quantità.
La nostra è un’attività orientata prevalentemente alla gestione legal, con un forte presidio sull’ambito corporate. I mandati che gestiamo hanno spesso una derivazione giudiziale e richiedono competenze tecniche e giuridiche che esulano dal modello standard di phone collection. Operiamo con alcuni tra i principali player del settore ma il lavoro che ci viene affidato è spesso su posizioni che presentano un elevato grado di complessità.
Negli anni abbiamo anche acquistato direttamente diversi portafogli, costruendo una base proprietaria che ci consente oggi di lavorare in autonomia. È un approccio che ci permette di mantenere stabilità, di gestire i tempi in modo sostenibile e di operare con maggiore libertà strategica.
Il contesto non è semplice, soprattutto per chi, come noi, lavora con continuità nel conto terzi. Ma continuiamo a investire in specializzazione e in strumenti che rendano più efficace la nostra attività quotidiana, con una chiara visione del perimetro in cui vogliamo operare.
La Direttiva 114 ha introdotto un cambiamento profondo per le società 115. Qual è l’impatto concreto sul vostro operato e sul mercato delle medio-piccole? State valutando l’ottenimento della nuova licenza?
L’impatto è evidente: ci troviamo di fronte alla perdita di un canale operativo fondamentale. In pratica, ci è stato tolto un potenziale elemento di fatturazione, perché la maggior parte delle realtà medio-piccole, realisticamente, non si muoverà verso l’ottenimento della licenza 114.
I motivi sono chiari: ci sono costi da sostenere, un tipo di organizzazione da strutturare, e un regime di vigilanza, quello di Banca d’Italia, che non è ancora del tutto prevedibile nella sua applicazione concreta. A oggi, anche a livello associativo, non emergono segnali forti di un movimento diffuso da parte delle 115 in questa direzione. In questo contesto, il clima generale è piuttosto chiaro: c’è un certo grado di sfiducia.
UNIREC ha lavorato molto bene nel rappresentare il comparto, e il tavolo tecnico ha svolto un ruolo importante. Ma la sensazione diffusa tra molte imprese è quella di trovarsi in una posizione di svantaggio strutturale, senza strumenti concreti per affrontare il passaggio.
Per quanto ci riguarda, come Faktorec abbiamo valutato la possibilità di prendere la 114 dal primo momento, e non è escluso che lo faremo. Ma al momento non vediamo delle possibilità così allettanti nel mercato secondario che possano indurci a farlo subito.
Nel settore si parla da tempo di specializzazione come chiave per affrontare i portafogli NPL. Come vedi oggi l’evoluzione del mercato e quali prospettive restano aperte per le 115 medio-piccole? Credi che ci sarà una sorta di “selezione naturale”?
Si è parlato molto, negli ultimi anni, di specializzazione come elemento decisivo per sopravvivere nel mercato del credito deteriorato. Ma credo sia importante sfatare questo mito. Per lavorare con gli NPL la specializzazione è sempre stata fondamentale e il settore è già maturo da questo punto di vista.
È in corso una trasformazione profonda, dove il contesto regolatorio e la progressiva concentrazione del mercato stanno alzando la soglia d’accesso. Questo inevitabilmente porterà a una forma di selezione naturale: non in termini di qualità del lavoro, che in molti casi resta alta anche tra i piccoli operatori, ma per la difficoltà oggettiva di mantenere una struttura autonoma e sostenibile. Il costo della compliance, la rigidità delle regole e l’accesso limitato ai volumi mettono molte 115 in una posizione di fragilità strutturale.
C’è poi una questione di volumi: il mercato è saturo, le posizioni che arrivano sono spesso marginali o estremamente complesse, e per le realtà di piccola dimensione diventa difficile sostenere economicamente un’attività continuativa. Molte aziende storiche si stanno trovando in difficoltà, non per mancanza di competenza, ma per l’assenza di spazi praticabili.
Le società 115 medio-piccole che resistono lo fanno per resilienza. La questione è che, in assenza di volumi e con un quadro normativo rigido, anche la resilienza ha un limite. Per questo serve una riflessione più ampia su che tipo di mercato vogliamo costruire e su quali operatori si intende davvero includere.
Faktorec ha scelto di investire nell’innovazione, sviluppando anche strumenti proprietari di intelligenza artificiale. In che modo questa tecnologia supporta la vostra operatività quotidiana e può rappresentare un vantaggio per le realtà di piccole e medie dimensioni?
Abbiamo deciso di sviluppare internamente un sistema proprietario basato su intelligenza artificiale perché avevamo bisogno di uno strumento realmente funzionale alla nostra operatività quotidiana, costruito su misura e pienamente aderente alle policy aziendali. Non si tratta di un’intelligenza artificiale generativa, ma di un modello allenato sui nostri flussi e processi, in grado di supportare l’area formazione, la gestione documentale e alcune attività di back office.
L’idea non è stata quella di fare innovazione per seguire una tendenza, ma di ottimizzare risorse e tempi in un contesto in cui la marginalità è sempre più bassa e ogni efficienza conta. Questo tipo di tecnologia, se ben impostata, rappresenta un vantaggio concreto per le realtà medio-piccole: consente di automatizzare attività ripetitive, ridurre il rischio di errore e liberare tempo per le fasi più strategiche del lavoro.
Inoltre, per strutture come la nostra, l’AI può diventare un fattore di equilibrio. Non possiamo competere sui grandi volumi, ma possiamo essere più rapidi, precisi e coerenti. È un investimento che ci permette di mantenere la qualità del servizio anche in un mercato che richiede sempre più velocità e controllo. Ovviamente, è uno strumento: resta fondamentale la competenza delle persone che lo utilizzano e il presidio costante dei processi.
Partiamo dal suo percorso: come è arrivato nel mondo del recupero crediti e alla nascita di Faktorec?
L.G. Il mio ingresso nel settore del recupero crediti è avvenuto quasi per caso, durante gli anni universitari. Studiavo Infermieristica, ma per sostenere economicamente il percorso accademico ho iniziato a lavorare, nel 2006, presso una società specializzata nella gestione del credito. Da quella prima esperienza è nata una forte attrazione per un ambito professionale che, pur non essendo parte della mia formazione originaria né del contesto familiare, mi ha coinvolto fin da subito per le sue dinamiche complesse.
Dopo circa nove anni di esperienza come dipendente, durante i quali ho avuto modo di approfondire ogni aspetto operativo e strategico del settore, nel 2016 ho deciso di avviare un’attività imprenditoriale autonoma. Nasce così Faktorec, una realtà che ho costruito partendo da competenze acquisite sul campo, ma soprattutto da una visione molto chiara: offrire un servizio specializzato, con una forte attenzione alla qualità della gestione, alla compliance e all’evoluzione tecnologica.
Faktorec oggi: come si struttura l’azienda, qual è il suo posizionamento e quali sono i tratti distintivi del vostro approccio?
L.G. Faktorec è una realtà composta da un team di risorse altamente qualificate. La nostra struttura si fonda su un approccio estremamente focalizzato, che privilegia la qualità alla quantità.
La nostra è un’attività orientata prevalentemente alla gestione legal, con un forte presidio sull’ambito corporate. I mandati che gestiamo hanno spesso una derivazione giudiziale e richiedono competenze tecniche e giuridiche che esulano dal modello standard di phone collection. Operiamo con alcuni tra i principali player del settore ma il lavoro che ci viene affidato è spesso su posizioni che presentano un elevato grado di complessità.
Negli anni abbiamo anche acquistato direttamente diversi portafogli, costruendo una base proprietaria che ci consente oggi di lavorare in autonomia. È un approccio che ci permette di mantenere stabilità, di gestire i tempi in modo sostenibile e di operare con maggiore libertà strategica.
Il contesto non è semplice, soprattutto per chi, come noi, lavora con continuità nel conto terzi. Ma continuiamo a investire in specializzazione e in strumenti che rendano più efficace la nostra attività quotidiana, con una chiara visione del perimetro in cui vogliamo operare.
La Direttiva 114 ha introdotto un cambiamento profondo per le società 115. Qual è l’impatto concreto sul vostro operato e sul mercato delle medio-piccole? State valutando l’ottenimento della nuova licenza?
L’impatto è evidente: ci troviamo di fronte alla perdita di un canale operativo fondamentale. In pratica, ci è stato tolto un potenziale elemento di fatturazione, perché la maggior parte delle realtà medio-piccole, realisticamente, non si muoverà verso l’ottenimento della licenza 114.
I motivi sono chiari: ci sono costi da sostenere, un tipo di organizzazione da strutturare, e un regime di vigilanza, quello di Banca d’Italia, che non è ancora del tutto prevedibile nella sua applicazione concreta. A oggi, anche a livello associativo, non emergono segnali forti di un movimento diffuso da parte delle 115 in questa direzione. In questo contesto, il clima generale è piuttosto chiaro: c’è un certo grado di sfiducia.
UNIREC ha lavorato molto bene nel rappresentare il comparto, e il tavolo tecnico ha svolto un ruolo importante. Ma la sensazione diffusa tra molte imprese è quella di trovarsi in una posizione di svantaggio strutturale, senza strumenti concreti per affrontare il passaggio.
Per quanto ci riguarda, come Faktorec abbiamo valutato la possibilità di prendere la 114 dal primo momento, e non è escluso che lo faremo. Ma al momento non vediamo delle possibilità così allettanti nel mercato secondario che possano indurci a farlo subito.
Nel settore si parla da tempo di specializzazione come chiave per affrontare i portafogli NPL. Come vedi oggi l’evoluzione del mercato e quali prospettive restano aperte per le 115 medio-piccole? Credi che ci sarà una sorta di “selezione naturale”?
Si è parlato molto, negli ultimi anni, di specializzazione come elemento decisivo per sopravvivere nel mercato del credito deteriorato. Ma credo sia importante sfatare questo mito. Per lavorare con gli NPL la specializzazione è sempre stata fondamentale e il settore è già maturo da questo punto di vista.
È in corso una trasformazione profonda, dove il contesto regolatorio e la progressiva concentrazione del mercato stanno alzando la soglia d’accesso. Questo inevitabilmente porterà a una forma di selezione naturale: non in termini di qualità del lavoro, che in molti casi resta alta anche tra i piccoli operatori, ma per la difficoltà oggettiva di mantenere una struttura autonoma e sostenibile. Il costo della compliance, la rigidità delle regole e l’accesso limitato ai volumi mettono molte 115 in una posizione di fragilità strutturale.
C’è poi una questione di volumi: il mercato è saturo, le posizioni che arrivano sono spesso marginali o estremamente complesse, e per le realtà di piccola dimensione diventa difficile sostenere economicamente un’attività continuativa. Molte aziende storiche si stanno trovando in difficoltà, non per mancanza di competenza, ma per l’assenza di spazi praticabili.
Le società 115 medio-piccole che resistono lo fanno per resilienza. La questione è che, in assenza di volumi e con un quadro normativo rigido, anche la resilienza ha un limite. Per questo serve una riflessione più ampia su che tipo di mercato vogliamo costruire e su quali operatori si intende davvero includere.
Faktorec ha scelto di investire nell’innovazione, sviluppando anche strumenti proprietari di intelligenza artificiale. In che modo questa tecnologia supporta la vostra operatività quotidiana e può rappresentare un vantaggio per le realtà di piccole e medie dimensioni?
Abbiamo deciso di sviluppare internamente un sistema proprietario basato su intelligenza artificiale perché avevamo bisogno di uno strumento realmente funzionale alla nostra operatività quotidiana, costruito su misura e pienamente aderente alle policy aziendali. Non si tratta di un’intelligenza artificiale generativa, ma di un modello allenato sui nostri flussi e processi, in grado di supportare l’area formazione, la gestione documentale e alcune attività di back office.
L’idea non è stata quella di fare innovazione per seguire una tendenza, ma di ottimizzare risorse e tempi in un contesto in cui la marginalità è sempre più bassa e ogni efficienza conta. Questo tipo di tecnologia, se ben impostata, rappresenta un vantaggio concreto per le realtà medio-piccole: consente di automatizzare attività ripetitive, ridurre il rischio di errore e liberare tempo per le fasi più strategiche del lavoro.
Inoltre, per strutture come la nostra, l’AI può diventare un fattore di equilibrio. Non possiamo competere sui grandi volumi, ma possiamo essere più rapidi, precisi e coerenti. È un investimento che ci permette di mantenere la qualità del servizio anche in un mercato che richiede sempre più velocità e controllo. Ovviamente, è uno strumento: resta fondamentale la competenza delle persone che lo utilizzano e il presidio costante dei processi.