Da dove nasce l’esigenza di modificare lo statuto di UNIREC?
Negli ultimi anni il mercato del credito è cambiato profondamente, sia in termini di volumi gestiti sia nella composizione degli operatori. Lo stesso statuto di UNIREC prevede che, quando le fasce di fatturato degli associati non rispecchiano più la reale rappresentanza delle imprese, il Consiglio Direttivo debba intervenire. Questo era proprio il caso: il sistema in vigore dal 2018 non era più adeguato.
L’evoluzione del settore, con il crescente peso dei soggetti attivi nella gestione dei non performing exposures e con l’ingresso di nuovi player, ha reso necessario un aggiornamento profondo. Non solo per garantire un corretto equilibrio tra rappresentanza, peso economico e governance interna, ma anche per rendere l’associazione più inclusiva. Abbiamo voluto aprire le porte a tutti i soggetti che operano nella gestione del credito, compresi quelli che, a seguito della Secondary Market Directive, entreranno nel mercato come nuovi intermediari vigilati ex art. 114 TUB.
In parallelo, si è colta l’occasione per rendere l’intero assetto più snello e funzionale, in linea con la crescita del settore e le nuove esigenze operative.
Quali sono le principali novità nella nuova struttura delle fasce di fatturato?
La precedente classificazione in tre fasce (A, B e C) era ormai superata e non rifletteva più l’effettiva distribuzione del mercato. Oggi molte aziende hanno superato il tetto dei 20 milioni di euro di fatturato previsto dalla vecchia fascia C. Per questo, abbiamo rivisto e ampliato le fasce: la nuova fascia A va da 1 a 3 milioni, la fascia B da 3 a 35 milioni, mentre la fascia C parte da 35 e arriva fino a 50 milioni.
Nel ridisegnare le fasce e il sistema di voto, abbiamo individuato una soglia di equilibrio nel fatturato di 10 milioni di euro: le aziende con fatturato fino a quella cifra esprimono il 50% dei voti, mentre l’altro 50% è espresso da quelle sopra i 10 milioni. È stato un punto di mediazione importante per rappresentare in modo più equo sia le realtà numericamente più numerose, ma più piccole, sia quelle economicamente più rilevanti ma meno presenti.
Questo cambiamento è stato accompagnato anche da una revisione del sistema di voto in assemblea, proprio per garantire una maggiore coerenza tra peso economico e capacità decisionale.
È cambiata anche la ponderazione del voto in assemblea?
Sì, ed è uno dei passaggi chiave della riforma. In passato la ponderazione era limitata: il voto delle aziende andava da 1 a 4 in base alla fascia di fatturato. Con la nuova struttura, il range è stato ampliato da 1 a 9: oggi, una società con fatturato sotto il milione ha peso 1, mentre una con fatturato superiore a 50 milioni ha peso 9.
Questo nuovo sistema riconosce in modo più realistico il ruolo delle aziende sul mercato. Chi ha un impatto economico maggiore ha anche un maggiore peso decisionale, secondo un principio che si rifà a logiche confindustriali. Ma allo stesso tempo si è cercato un equilibrio: per esempio, è stato stabilito che nessuna fascia possa eleggere il Presidente da sola, ma solo con un mix di voti provenienti da più fasce.
In sostanza, la nuova ponderazione rende il sistema più proporzionato, più giusto e più rappresentativo della composizione reale del settore.
Ci sono state modifiche anche nella composizione del Consiglio Direttivo?
Sì, anche il Consiglio Direttivo è stato rivisto per renderlo più snello e coerente con la nuova distribuzione della base associativa. Siamo passati da 11 a 9 componenti: la fascia A esprime ora due consiglieri anziché tre, mentre la fascia B e la fascia C restano con tre rappresentanti ciascuna. Inoltre, il coordinatore nazionale delle macro-regioni continua a partecipare, ma senza diritto di voto, portando comunque le istanze regionali al direttivo.
Queste scelte sono state dettate da una logica di equilibrio: oggi la fascia A rappresenta solo il 6% del fatturato complessivo, mentre la fascia C arriva al 60%. Di conseguenza, anche la composizione dell’organo di governo è stata adeguata per riflettere meglio il peso effettivo delle varie fasce all’interno dell’associazione. L’obiettivo era semplificare la governance e renderla più funzionale, mantenendo però una rappresentanza equilibrata tra tutti gli attori del settore.
C’è stato un dibattito interno acceso su questi cambiamenti?
Uno dei passaggi più delicati è stato trovare un punto di equilibrio tra esigenze diverse: da un lato, alcune realtà più piccole temevano che il nuovo assetto potesse penalizzarle, dall’altro le aziende con un fatturato più elevato chiedevano giustamente che il loro peso nel mercato fosse riconosciuto anche a livello associativo.
Proprio per questo, oltre ai numerosi Consigli Direttivi e Assemblee straordinarie, abbiamo coinvolto attivamente la base associativa attraverso una serie di webinar. È stato un lavoro lungo, iniziato a novembre 2024, che ci ha portato ad ascoltare tutte le istanze e a costruire una proposta condivisa. Un ruolo importante l’ha avuto anche un comitato consultivo composto da ex Presidenti e Vicepresidenti, che ha contribuito a formulare la sintesi finale approvata all’unanimità dei presenti in Consiglio.
Con la riforma statutaria si è aperta l’associazione anche ai nuovi soggetti vigilati ex art. 114 TUB. In che modo questo cambia l’identità di UNIREC?
Uno degli obiettivi principali era proprio quello di rendere l’associazione più inclusiva e rappresentativa del mercato attuale. Oggi UNIREC raccoglie soggetti molto diversi tra loro: realtà tradizionali, operatori che gestiscono crediti per conto originator, ma anche player specializzati nei non performing exposures e soggetti vigilati dalla Banca d’Italia.
Per questo, abbiamo ampliato la definizione di chi può aderire come socio ordinario: non solo soggetti autorizzati ai sensi del TULPS, ma anche quelli autorizzati da Banca d’Italia ex art. 114 del TUB. Era fondamentale aprirsi a questa nuova categoria di operatori, anche in vista dell’attuazione della Secondary Market Directive.
Allo stesso tempo, abbiamo introdotto delle garanzie precise: qualsiasi futura modifica che possa restringere la base associativa richiederà una doppia maggioranza, sia in termini di voti che di numero di aziende favorevoli. L’obiettivo è chiaro: UNIREC deve restare un’associazione aperta, pluralista e rappresentativa di tutto il settore.
Da dove nasce l’esigenza di modificare lo statuto di UNIREC?
Negli ultimi anni il mercato del credito è cambiato profondamente, sia in termini di volumi gestiti sia nella composizione degli operatori. Lo stesso statuto di UNIREC prevede che, quando le fasce di fatturato degli associati non rispecchiano più la reale rappresentanza delle imprese, il Consiglio Direttivo debba intervenire. Questo era proprio il caso: il sistema in vigore dal 2018 non era più adeguato.
L’evoluzione del settore, con il crescente peso dei soggetti attivi nella gestione dei non performing exposures e con l’ingresso di nuovi player, ha reso necessario un aggiornamento profondo. Non solo per garantire un corretto equilibrio tra rappresentanza, peso economico e governance interna, ma anche per rendere l’associazione più inclusiva. Abbiamo voluto aprire le porte a tutti i soggetti che operano nella gestione del credito, compresi quelli che, a seguito della Secondary Market Directive, entreranno nel mercato come nuovi intermediari vigilati ex art. 114 TUB.
In parallelo, si è colta l’occasione per rendere l’intero assetto più snello e funzionale, in linea con la crescita del settore e le nuove esigenze operative.
Quali sono le principali novità nella nuova struttura delle fasce di fatturato?
La precedente classificazione in tre fasce (A, B e C) era ormai superata e non rifletteva più l’effettiva distribuzione del mercato. Oggi molte aziende hanno superato il tetto dei 20 milioni di euro di fatturato previsto dalla vecchia fascia C. Per questo, abbiamo rivisto e ampliato le fasce: la nuova fascia A va da 1 a 3 milioni, la fascia B da 3 a 35 milioni, mentre la fascia C parte da 35 e arriva fino a 50 milioni.
Nel ridisegnare le fasce e il sistema di voto, abbiamo individuato una soglia di equilibrio nel fatturato di 10 milioni di euro: le aziende con fatturato fino a quella cifra esprimono il 50% dei voti, mentre l’altro 50% è espresso da quelle sopra i 10 milioni. È stato un punto di mediazione importante per rappresentare in modo più equo sia le realtà numericamente più numerose, ma più piccole, sia quelle economicamente più rilevanti ma meno presenti.
Questo cambiamento è stato accompagnato anche da una revisione del sistema di voto in assemblea, proprio per garantire una maggiore coerenza tra peso economico e capacità decisionale.
È cambiata anche la ponderazione del voto in assemblea?
Sì, ed è uno dei passaggi chiave della riforma. In passato la ponderazione era limitata: il voto delle aziende andava da 1 a 4 in base alla fascia di fatturato. Con la nuova struttura, il range è stato ampliato da 1 a 9: oggi, una società con fatturato sotto il milione ha peso 1, mentre una con fatturato superiore a 50 milioni ha peso 9.
Questo nuovo sistema riconosce in modo più realistico il ruolo delle aziende sul mercato. Chi ha un impatto economico maggiore ha anche un maggiore peso decisionale, secondo un principio che si rifà a logiche confindustriali. Ma allo stesso tempo si è cercato un equilibrio: per esempio, è stato stabilito che nessuna fascia possa eleggere il Presidente da sola, ma solo con un mix di voti provenienti da più fasce.
In sostanza, la nuova ponderazione rende il sistema più proporzionato, più giusto e più rappresentativo della composizione reale del settore.
Ci sono state modifiche anche nella composizione del Consiglio Direttivo?
Sì, anche il Consiglio Direttivo è stato rivisto per renderlo più snello e coerente con la nuova distribuzione della base associativa. Siamo passati da 11 a 9 componenti: la fascia A esprime ora due consiglieri anziché tre, mentre la fascia B e la fascia C restano con tre rappresentanti ciascuna. Inoltre, il coordinatore nazionale delle macro-regioni continua a partecipare, ma senza diritto di voto, portando comunque le istanze regionali al direttivo.
Queste scelte sono state dettate da una logica di equilibrio: oggi la fascia A rappresenta solo il 6% del fatturato complessivo, mentre la fascia C arriva al 60%. Di conseguenza, anche la composizione dell’organo di governo è stata adeguata per riflettere meglio il peso effettivo delle varie fasce all’interno dell’associazione. L’obiettivo era semplificare la governance e renderla più funzionale, mantenendo però una rappresentanza equilibrata tra tutti gli attori del settore.
C’è stato un dibattito interno acceso su questi cambiamenti?
Uno dei passaggi più delicati è stato trovare un punto di equilibrio tra esigenze diverse: da un lato, alcune realtà più piccole temevano che il nuovo assetto potesse penalizzarle, dall’altro le aziende con un fatturato più elevato chiedevano giustamente che il loro peso nel mercato fosse riconosciuto anche a livello associativo.
Proprio per questo, oltre ai numerosi Consigli Direttivi e Assemblee straordinarie, abbiamo coinvolto attivamente la base associativa attraverso una serie di webinar. È stato un lavoro lungo, iniziato a novembre 2024, che ci ha portato ad ascoltare tutte le istanze e a costruire una proposta condivisa. Un ruolo importante l’ha avuto anche un comitato consultivo composto da ex Presidenti e Vicepresidenti, che ha contribuito a formulare la sintesi finale approvata all’unanimità dei presenti in Consiglio.
Con la riforma statutaria si è aperta l’associazione anche ai nuovi soggetti vigilati ex art. 114 TUB. In che modo questo cambia l’identità di UNIREC?
Uno degli obiettivi principali era proprio quello di rendere l’associazione più inclusiva e rappresentativa del mercato attuale. Oggi UNIREC raccoglie soggetti molto diversi tra loro: realtà tradizionali, operatori che gestiscono crediti per conto originator, ma anche player specializzati nei non performing exposures e soggetti vigilati dalla Banca d’Italia.
Per questo, abbiamo ampliato la definizione di chi può aderire come socio ordinario: non solo soggetti autorizzati ai sensi del TULPS, ma anche quelli autorizzati da Banca d’Italia ex art. 114 del TUB. Era fondamentale aprirsi a questa nuova categoria di operatori, anche in vista dell’attuazione della Secondary Market Directive.
Allo stesso tempo, abbiamo introdotto delle garanzie precise: qualsiasi futura modifica che possa restringere la base associativa richiederà una doppia maggioranza, sia in termini di voti che di numero di aziende favorevoli. L’obiettivo è chiaro: UNIREC deve restare un’associazione aperta, pluralista e rappresentativa di tutto il settore.