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Debiti Equitalia, spunta l’ipotesi di vendere all’asta le cartelle non riscosse dal 2000 al 2010. Il Governo punta ad incassare 4 miliardi entro il 2020

Equitalia si prepara a vendere all’asta, senza alcuna garanzia, i crediti non recuperati dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. Nell’ultima bozza della legge di Bilancio spunta l’ipotesi della messa all’asta delle cartelle fiscali che l’agenzia non è riuscita a riscuotere nel decennio 2000-2010, per cederle alle società di recupero crediti. Dall’asta rimarrebbero fuori i debiti sui quali siano in atto procedure concorsuali (su cui è aperto un contenzioso davanti al giudice)rateizzazioni o rottamazione (se il debitore è in regola con i pagamenti delle rate). La nuova agenzia della riscossione (Ader), nata dalla confluenza di Equitalia nell’Agenzia delle Entrate, dovrebbe quindi procedere alla cessione pro-soluto dei crediti che verranno così automaticamente eliminati dal bilancio. Il prezzo di cessione andrà pagato in tre rate annuali fino al 2020 e non potrà essere inferiore a 4 miliardi e 86 milioni. L’obiettivo del Governo è quello di incassare da quest’operazione almeno 4 miliardi di euro tra 2018 e 2020 a fronte di un valore nominale di 500-600 miliardi. Il diritto alla riscossione dei carichi, precisa il penultimo comma, “si prescrive con il decorso di dieci anni, quando riguardo ad essi è stata notificata e non opposta nei termini la cartella di pagamento” oppure un avviso di accertamento.

Se l’ipotesi fosse confermata si avrebbe un cambio unilaterale dello status giuridico del contribuente che passerebbe a “semplice debitore” non rientrando più sotto l’egida della legislazione fiscale. A tal proposito, da quando è spuntata questa possibilità, si è paventato il rischio che possa venir meno il principio di impignorabilità della prima casa. E che sarebbe ancora più facile pignorare le seconde case se dovesse saltare la regola dell’azione esecutiva solo per debiti superiori a 120 mila euro (condizione non valida per le banche e per le società di recupero crediti private). C’è anche chi parla della possibilità che al debitore venga sequestrata una cifra maggiore del quinto dello stipendio, mentre le disposizioni attuali impongono un limite di 1/10 per chi ha uno stipendio mensile inferiore a 2500 euro e di 1/7 per gli stipendi fino a 5.000 euro (oltre questa soglia si applica il limite di un quinto). Infine, si è sollevato l’allarme anche per le pensioni minime, fino ad oggi intoccabili da parte dell’agente della riscossione. In attesa che arrivino notizie certe dal Governo, proporremo nei prossimi giorni un approfondimento sul tema con un avocato tributarista.


Autore: Redazione Credit Village
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Credit Village

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