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Intesa, ecco i termini del salvataggio delle banche venete

Dopo l’ok di Bce e Commissione Ue e il via libera, ieri, pomeriggio, del consiglio dei ministri per approvare lo schema si salvataggio di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, questa mattina sono iniziate ad arrivare le prime specifiche dell’operazione. La messa in liquidazione delle due banche venete comporterà, nel complesso, un impegno finanziario del governo per 17 miliardi di euro (di cui oltre 11 miliardi per garanzie e 5,2 miliardi per cassa) dei 20 messi a disposizione per il sistema creditizio a inizio anno.

Intanto il titolo Intesa  ha aperto in maniera brillante a PIazza Affari, con un rialzo del 3,51% a 2,708 euro questa mattina.

In base al testo del decreto legge approvato ieri, lo Stato offrirà a Intesa  garanzie per circa 11 miliardi così suddivise: 6,351 miliardi in vista della due diligence sugli asset oggetto di cessione e 4 miliardi per gli obblighi di riacquisto entro tre anni dei crediti ad alto rischio non classificati come attività deteriorate; altri 1.009 milioni andranno a garanzia dei contenziosi pregressi con, in aggiunta, un accontonamento a fondo rischi per un importo massimo di 491 milioni. Alla Ca’ de Sass invece arriveranno subito 3,5 miliardi di supporto finanziario per garantire il mantenimento dei coefficienti patrimoniali e 1,285 miliardi a copertura degli oneri di ristrutturazione, per un totale di 4,78 miliardi.

Il costo per lo Stato dipenderà quindi anche dall’esito della due diligence che Intesa  farà sugli asset delle due banche venete. Come spiega il testo del decreto, “Entro il termine previsto dal contratto di cessione un collegio di esperti indipendenti effettua una due diligence sul compendio ceduto (…). Il collegio è composto da tre componenti, di cui uno nominato dal Ministero, uno dal cessionario, con funzione di presidente, designato di comune accordo dagli esperti nominati dalle parti o, in mancanza di accordo, dal Presidente del Tribunale di Roma”. Al termine della due diligence “il Ministro dell’economia e delle finanze dispone con decreto, se del caso, l’adeguamento dell’importo dell’intervento”, mentre Intesa  potrà “restituire o retrocedere al soggetto in liquidazione attività, passività o rapporti dei soggetti in liquidazione o di società appartenenti ai gruppi bancari delle Banche, entro il termine e alle condizioni definiti dal decreto”.

Intanto, con un comunicato alla Borsa italiana, Intesa Sanpaolo  scrive questa mattina che “ottenuta l’unanime autorizzazione da parte del Consiglio di amministrazione, ha firmato con i commissari liquidatori di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca il contratto di acquisto, al prezzo simbolico di un euro, di certe attività e passività e certi rapporti giuridici facenti capo alle due banche”. L’intervento, scrive il comunicato, “permette di evitare i gravi riflessi sociali che sarebbero altrimenti derivati dalla procedura di liquidazione coatta amministrativa delle due banche, salvaguardando l’occupazione delle persone che vi lavorano, i risparmi affidati da 2 milioni di famiglie e l’attività di 200 mila imprese finanziate e conseguentemente l’occupazione di 3 milioni di persone nelle regioni che registrano la maggiore crescita economica del Paese”.

Nello specifico, l’acquisto riguarda un perimetro di attività che esclude: “i crediti deteriorati (sofferenze, inadempienze probabili e esposizioni scadute), le obbligazioni subordinate emesse, nonché partecipazioni e altri rapporti giuridici considerati non funzionali all’acquisizione”.

Intesa ha comunque deciso, “a tutela di ristoro per i piccoli risparmiatori detentori di obbligazioni subordinate emesse dalle due banche”, di stanziare 60 milioni di euro, che includono “un importo come proprio intervento in aggiunta alla quota parte prevista del contributo del sistema bancario”.

Il perimetro oggetto di acquisto include, oltre alle attività e passività selezionate di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, anche il contributo delle partecipazioni in Banca Apulia, Banca Nuova, in Sec Servizi, in Servizi Bancari e dopo le relative autorizzazioni, nelle banche con sede in Moldavia, Croazia e Albania.

l perimetro riguarda in particolare: crediti in bonis diversi da quelli ad alto rischio per circa 26,1miliardi di euro, attività finanziarie per circa 8,9 miliardi di euro, attività fiscali per circa 1,9 miliardi di euro, debiti verso clientela per circa 25,8 miliardi di euro, obbligazioni senior per circa 11,8 miliardi di euro, raccolta indiretta per circa 23 miliardi di euro, di cui circa 10,4 miliardi di risparmio gestito, circa 900 sportelli in Italia e circa 60 all’estero, inclusa la rete di filiali in Romania, 9.960 persone in Italia e 880 all’estero.

Il perimetro di acquisto comprende anche crediti in bonis ad alto rischio per circa 4 miliardi di euro, con diritto però di Intesa Sanpaolo  di retrocessione nel caso la banca rilevi, “nel periodo fino all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020”, presupposti per classificarli come sofferenze o inadempienze probabili.

Le condizioni dell’operazione, sottolinea Intesa Sanpaolo , garantiscono la totale neutralità rispetto al Common Equity Tier 1 ratio e alla politica sui dividendi del gruppo. E prevedendo, nello specifico:

– un contributo pubblico in contanti (3,5 miliardi di euro non sottoposti a tassazione) a copertura degli impatti sui coefficienti patrimoniali, in modo da determinare un Common Equity Tier 1 ratio phased-in pari al 12,5% rispetto alle attività ponderate per il rischio (Rwa) acquistate.

– Un ulteriore contributo pubblico sempre in contanti a copertura degli oneri di integrazione che riguardano, tra gli altri, “la chiusura di 600 filiali e l’applicazione del Fondo di Solidarietà in relazione all’uscita, su base volontaria, di 3.900 persone del gruppo risultante dall’acquisizione, nonché altre misure a salvaguardia dei posti di lavoro quali il ricorso alla mobilità territoriale e iniziative di formazione per la riqualificazione delle persone”. Il contributo (1,285 miliardi di euro anche questi non sottoposti a tassazione) sarà accantonato in un apposito fondo, tenuto conto degli effetti fiscali correlati all’utilizzo, e risulterà quindi neutrale per l’utile netto dell’esercizio.

– Garanzie pubbliche, per un valore di 1,5 miliardi di euro dopo le imposte, “volto alla sterilizzazione di rischi, obblighi e impegni che coinvolgessero Intesa Sanpaolo  per fatti antecedenti la cessione o relativi a cespiti e rapporti non compresi nelle attività e passività trasferite”. A questo punto la banca milanese specifica che “le banche in liquidazione coatta amministrativa risponderanno dei danni derivanti dal contenzioso pregresso nonché da quello relativo alla disciplina sull’acquisto di azioni proprie e/o sui servizi di investimento, ivi compreso quello promosso da soggetti che abbiano aderito, non abbiano aderito ovvero siano stati esclusi dalle cosiddette Offerte Transattive e dagli Incentivi Welfare”.

– Le imposte differite attive delle banche acquisite saranno pienamente usufruibili da Intesa Sanpaolo .

-Il diritto per la banca milanese di modificare il perimetro dell’operazione “dopo la data di esecuzione ove necessario al fine di ottenere le incondizionate approvazioni antitrust.

Il contratto include una clausola risolutiva finale, che prevede l’inefficacia del contratto e la retrocessione alle banche in liquidazione coatta amministrativa del perimetro di acquisizione, in particolare nel caso in cui il Decreto Legge non fosse convertito in legge, “ovvero fosse convertito con modifiche e/o integrazioni tali da rendere più onerosa per Intesa Sanpaolo  l’operazione, e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge”.


Autore: Elena Dal Maso, Luca Gualtieri
Fonte:

Milano Finanza

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